PRETTY BOYD FLOYD: Public Enemies
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20/12/2017Correva l'anno di grazia 1989 quando un gruppo di ragazzotti cotonati esordiva nell'Olimpo del glam con l'ottimo 'Leather Boyz With Electric Toys'. Quando un paio d'anni dopo la scena di Seattle e del grunge in generale prese il sopravvento, questa come tante altre band finirono un po' nel dimenticatoio. Dopo un altro paio di album non particolarmente degni di nota (ma inframmezzati da una quantità indicibile di raccolte), il silenzio per tredici anni. Fino al 2017. Glamster di tutta Italia, la Frontiers ci ha anticipato il regalo di Natale ad inizio dicembre perché con 'Public Enemies' i Pretty Boy Floyd ci riportano esattamente dove ci avevano lasciato: a uno sleaze glam scanzonato, allegro, divertente. Il che, ammettiamolo, in tempi in cui tutti sembrano avere sempre bisogno di dire qualcosa di tremendamente serio e importante, è un bel diversivo. Quattordici tracce di spandex, lacca, trucco, cori, chitarre cafone, ed ovviamente testi ben oltre il limite del sessimo. Ma le bad girl glielo perdoneranno senz'altro. Iniziamo col dire che l'unico difetto trovato è l'artwork della copertina, che è veramente troppo brutta per essere vera. "S.A.T.A.", intro evocativo, senza testo, con un motivo di quelli che ti si pianta in testa come un amo, dà lo slancio per la tiratissima "Feel The Heat" (aperta da una raffica di mitra), ed ecco la voce nasale di Steve Summers trascinarci di peso in California, dove possiamo trovare una "High School Queen" (pazienza se la reginetta della loro gioventù avrà come minimo 50 anni, ora come ora), e "Girls All Over The World" che sono tutte quante un "American Dream". D'accordo, gli argomenti sono un po' limitati. In fondo, però, è solo rock n' roll, come amavano dire gli Stones. Quindi, "Do Ya Wanna Rock"? Yes we do, molto volentieri. C'è molto, moltissimo dei Motley Crue, dei Faster Pussycat, nonchè dei Poison, in questo album, come ad esempio in "Run For Your Life", "Shock The World" e "Paint It On", in cui le chitarracce la fanno decisamente da padrone. Brani migliore dell'album, "We Got The Power", uno di quegli inni giovanili che si ascoltano in macchina con quattro amici cantando a squarciagola, e "Star Chaser", che racconta le gesta dello scenario delle leggendarie groupie. Abbiamo anche una bella ballad "stracciabiancheria", "We Can't Bring Back Yesterday", che sembra essere un po' più di un omaggio a "Never Say Goodbye". Chiude il lavoro "So Young So Bad" che racchiude una perla nel testo che non si poteva non menzionare: "you should be home playing with your dolls, instead of here, playing with my balls". Chapeau. Se la scena grunge ha seppellito l'hard rock, il glam e tutto quello che vi era strettamente connesso, questi ragazzoni sembrano esserne all'oscuro e sono andati per la loro strada. Premio coerenza 2017, come minimo. Insomma, questo 'Public Enemies' scorre che è una bellezza. Innovativo? Senz'altro no. Ma dannatamente divertente.
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