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ORDEN OGAN: EASTON HOPE

data

07/03/2010
82


Genere: Power/Speed Metal
Etichetta: AFM Records
Distro:
Anno: 2010

Dopo aver raccolto gli elogi di un piacevole album d'esordio i tedeschi Orden Ogan tornano ad affacciarsi sulle sponde del mercato discografico grazie ad un nuovo lavoro in studio nel tentativo di mantenere alta l'attenzione catalizzata dai media. Ed in questo il quintetto riesce alla perfezione, dando alle stampe un disco eclettico, oltremodo tecnico e maestoso come 'Easton Hope'. Gli Orden Ogan inoltre hanno in tutto e per tutto il merito di amalgamare sapientemente sacro e profano, fondendo in un tutt'uno le sonorità tipiche del Power Metal dei capostipiti Blind Guardian, quelli degli anni d'oro, a quelle Speed dei folli inglesi Dragonforce fino a spingersi verso le sonorità più moderne, ruvide e taglienti, del Prog Metal Scandinavo. Il tutto guarnito da una sezione corale imponente, a là 'Nightfall In Middle Earth', e da una prestazione vocale di spessore; il singer Seeb infatti non potendo contare su di un'eccessiva estensione fa della teatralità e dell'espressività le sue armi vincenti. Nulla da eccepire dunque, il combo tedesco imbastisce un esemble di brani confezionati ad hoc per piacere ad una vasta fascia di pubblico anche se, a parere di chi scrive, è ancora presto per parlare di una raggiunta maturità. Le fasi "ispirate" del platter sono ancora tante, pur essendo sostenute da una freschezza generale che contagia il sound dell'intero disco. Dalle mille sfaccettature di "Nobody Leaves", alle coralità vincenti della titletrack, infine arrivando alla commovente "Requiem" l'attenzione dell'ascoltatore permane su alti livelli. Come non citare infine un tributo clamorosamente plateale ad una delle band culto degli ultimi venti anni come i Running Wild, i quali vengono omaggiati con un brano come "We Are Pirates" (con tanto di video in tema…piratesco e con tanto di comparsata di Majk Moti, ex Running Wild, per il solo) dove la grinta dei brani di Rock'n Rolf Kasparek risuona ancora alla grande. In definitiva credo che gli Orden Ogan siano matti come cavalli, ma forse è anche per questo che mi sono piaciuti. Compiendo un ulteriore passo verso la raggiunta personalità musicale il quintetto tedesco saprà affermarsi tra i grandi del nuovo decennio, per il momento però godiamoceli così.

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