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NECROMASS: Calix. Utero. Babalon

data

05/08/2013
68


Genere: Black Metal
Etichetta: Funeral Industries
Distro:
Anno: 2013

Quando "Mater Triumphans" pone fine al disco prevale in noi una strana sensazione di disorientamento. Per carità, 'Calix. Utero. Babalon' nel complesso è un buon disco, ma in primis non tiene alta la bandiera della band fiorentina, e in secondo luogo risulta troppo disomogeneo tanto da creare pareri discordanti che troppe volte collidono tra essi. E' un disco coraggioso, più che altro una prova che pone un punto ed a capo alla loro carriera. Per cui dimenticate 'Mysteria Mystica Zofiriana' e 'Abyss Calls Life', e guardate quest'album quasi come una sorta di debutto. A tratti rimane sempre qualcosa che contraddistingue i Necromass, ovvero qualche intermezzo che finge di poggiarsi sulle stesse orme create dalle atmosfere oscure del primo cd, ma è un vago stato mentale che viene spazzato subito via dai brani veri e propri, quelli cantati. Quella strana sensazione di cui parlavamo ritorna con strumentali quali "Beyond the Veil of Shame and Glory" e l'outro, che sanno più di filler che altro. 'Calix. Utero. Babalon' però rialza sulla sufficienza le sue sorti con i ricchi affondi a piene mani nella melodia, o con gli echi di bands quali Dissection (soprattutto per via del lavoro fatto alle chitarre, spesse volte complesso), in tracce come "Dawn of Silver Star". E' una furia che spesse volte viene controllata, dataci in pasto in modo più ragionevole, altre volte invece si lascia andare come una bestia indomabile: "Ad Luciferim Vim" arriva pian piano a poggiarsi su un delicato finale di solo violino (peccato duri poco) e ben riuscita anche "The Bornless One". Dopo tutti questi anni, tornare con un disco così va bene, ma come forse avete capito, ci aspettavamo molto di più. La line-up è quasi quella storica, ma com'è normale che sia la coesione e la magia di un tempo è impossibile recuperarla. Piccolo appunto sull'onnipresente comparsata di Trevor nel terzo brano (ci chiediamo tra lui e Phil Anselmo chi abbia più il dono dell'ubiquità). Tuttavia è bello poter riascoltare un lavoro nuovo dove vengono messi in risalto elementi come la melodia e l'oscurità allo stesso livello, creando una discrepanza che, si spera, darà nuovi frutti in futuro, e magari più gustosi.

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