MOOTH: Slow Sun
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12/06/2015Dando un’occhiata in rete di questo 'Slow Sun' si parla sin dal 2013. Poco importa, l’importante è che sia arrivato oggi nelle nostre mani. Perché fa sempre un gran piacere notare come lo sludge, il noise, il math-rock siano ancora generi musicali trattati con le dovute maniere, senza improvvisazioni e voglia di visibilità fine a sé stessa come invece capita per altri tipi di musica. Questa è roba per appassionati di musica, per chi non è più teenager e per chi è abituato a masticare sonorità grezze, prive di qualunque richiamo melodico. E i lombardi Mooth sono sicuramente uno di quei casi, una band attiva da ormai diversi anni (nove, per l’esattezza) e che ancora oggi non si è stufata di divulgare il sacro verbo della distorsione, tutt’altro. Nei loro otto brani sono presenti miriadi di elementi, dal desert rock allo stoner prima maniera, da tendenze post-punk al puro sludge, quello incontaminato. Il modo di fare di questi musicisti è quanto di più sincero e spontaneo possibile, cosa che li rende da subito simpatici nonostante – forse – un minimo di cura in più in sede di registrazione sui suoni avrebbe dato ancor più impatto al disco. Ma chi se ne frega direte voi, d’altra parte essere nudi e puri è un vanto in certi scenari e questo è sicuramente uno di quelli. "Viscera", "Black Host" e "Skeletons" sono i brani che sentiamo di consigliarvi, taglienti e ironici al tempo stesso nei testi e dal sound infuocato come da tradizione.
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