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METALLICA: Hardwired...To Self-Destruct

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19/01/2017
55


Genere: Heavy Metal
Etichetta: Blackened Rec
Distro:
Anno: 2016

Dunque, vediamo quante righe riempiremo prima di arrivare al sodo. Mettiamo subito da parte alcune cose; il tempo prima di tutto. Due anni dall'isolato singolo “Lords Of Summer” e ben otto anni dal precedente 'Death Magnetic', decisamente troppi considerando che per Lars lo scorrere dei mesi pesa come un macigno. Poi c'è la questione testimonial di moda, dove per l'ennesima volta i quattro di Frisco mettono a rischio quel poco di reputazione che ancora nel mondo metal gli viene riconosciuta. Nelle foto per Brioni sembrano quattro, ehm, la rima finitela voi. Come fidarsi ancora di loro? Come smorzare l'irrefrenabile voglia di urlare che i Metallica sono finiti? Difficile davvero, ma facciamo uno sforzo. E poco ci importa della bocca anale di Lars, o dei capelli piastrati di Trujillo, la musica comanda e su quella bisogna concentrarsi! Perfetto, prendiamo il disco. Che artwork sarebbe questo? Ma allora lo fate apposta! Oddio, ripensando a 'St. Anger' e 'Death Magnetic' alla fine almeno questa non è banale, anche se hanno di nuovo ritoccato il logo. Va bene, dai, ci siamo sfogati, adesso parliamo di 'Hardwired... To Self-Destruct', disco che in un certo senso quadra il cerchio. 'St. Anger' voleva mostrare tutta la voglia di rivalsa di una band che aveva toccato il fondo, puntando su una produzione che mettesse in risalto una cattiveria e una rabbia che in realtà erano più esteriori che interiori. 'Death Magnetic', invece, pur mostrando decisi miglioramenti, come gli alti livelli raggiunti ad esempio in “All Nightmare Long”, mostrava spesso il fianco quando le tante idee e la voglia di strafare si perdevano nella lunga durata dei pezzi. Oggi i Metallica hanno trovato un equilibrio, e non è cosa da poco. Pur trovandoci di fronte ad una sorta di doppio album, l'ascolto scorre liscio. I brani sono di facile assimilazione, e questo di per se non è proprio il massimo. Ci sono delle note per certi versi di merito che emergono qua e là; l'assolo di Hammett su “Confusion” ci riporta al Black Album, il disco con il quale c'è maggiore affinità in termini di pulizia e controllo di suoni e songwriting. La chitarra di Hetfield in “Dream No More”, addirittura si specchia malinconicamente nell'anima che fù di “The Thing That Should Not Be”, per il piacere della nostra memoria. Poi c'è l'ottimo groove di “Moth Into Flame” e “Here Comes Revenge”, mentre con “Am I Savage” e “Murder One” emerge un hard rock cristallino che avrebbe fatto la differenza ai tempi di 'Load'. Mai avrei immaginato di arrivare a citare questo disco, ma come detto, sembra proprio che il passato sia venuto in soccorso di James e Lars, sotto forma di maturità compositiva e capacità di mantenere tutto il disco in perfetto equilibrio. Ma a quale prezzo però? Ecco la domanda che capovolge tutto. Ci sono un paio di cose che fanno male, ma che vanno sottolineate col rosso e che spostano spietatamente l'ago della bilancia. L'album si apre e si chiude con due pezzi tendenzialmente aggressivi: “Hardwired” e “Spit Out The Bone”, sono gli unici che ci ricordano le radici thrash della band che quel genere lo ha inventato. Un po' poco francamente, considerando che contemporaneamente tutte le band storiche, dagli Slayer ai Testament e dagli Exodus fino ai Kreator, continuano ad avere un'attitudine ed una potenza che purtroppo in questo disco risultano non pervenute. In “Spit Out The Bone” c'è aggressività e velocità, ci sono le chitarre che si scatenano e c'è pure la doppia cassa non fine a sè stessa; insomma, c'è l'identità perduta dei Metallica, il cui ritorno sostanzialmente risulta incredibilmente piacevole, ma terribilmente inerme, due termini che non possono coesistere come se nulla fosse. Potremmo andarci giù pesante dicendo la solita cosa, ossia che i miliardi hanno ormai ucciso la loro anima. In realtà, dire che chi ha creato il thrash sta concludendo la propria storia senza più cattiveria, suonando semplicemente hard rock/metal, è molto peggio. Prendetene atto e basta, fregandovene, o continuando ad amarli nostalgicamente come si fa con Ac/Dc e Deep Purple. A voi la scelta.

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