MEMORIAM: Requiem For Mankind
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11/07/2019C'è una possente nostalgia di fondo fra le note dei britannici Memoriam. Una nostalgia che ci catapulta indietro di almeno trent'anni, in un periodo in cui il death metal era agli albori e si stavano delineando non solo i tratti salienti del genere, ma anche e soprattutto i dischi e i leader che lo avrebbero poi traghettato al meglio nel nuovo millennio. Erano anni di estrema (è proprio il caso di dirlo!) libertà e creatività, anni di vera e pura passione mista a primordiale istinto, ed è indubbio e palese che i migliori lavori della Storia siano stati partoriti proprio allora. Versante U.S.A. occorre, of course, citare i seminali Death di 'Scream Bloody Gore' (1987) e 'Leprosy' (1988), i Morbid Angel ('Altars Of Madness', 1989), gli Obituary ('Slowly We Rot', 1989 e 'Cause Of Death', 1990), e i Deicide ('Deicide', 1990). Nel Vecchio Continente, invece, la sua espansione la si dovette in larga parte ai paesi più a nord coi Dismember di 'Like An Ever Flowing Stream' (1990), gli Entombed ('Left Hand Path', 1990), i Carnage ('Dark Recollections', 1990), ed i Tiamat ('Sumerian Cry', 1990) su tutti, ma è la più piccola (ma non certo meno fondamentale), scena nata in Terra d'Albione a rapire oggi i nostri sensi coi Memorian, sorta di super band creata dalle ceneri dei mitici Bolt Thrower (Karl Willets alla voce e Andy Whale alla batteria), prevalentemente per pagare tributo alla memoria di Martin Kearns, batterista passato, purtroppo, a miglior vita nel 2015, con l'innesto di ex membri degli altrettanto rilevanti Benediction (Frank Healy al basso e Scott Fairfax alla chitarra). Ed è, ovviamente, a queste due granitiche compagini che le note di 'Requiem For Mankind' (terzo, nonché migliore e più vario lavoro della band dopo il debutto 'For The Fallen' del 2017, ed il successivo 'The Silent Vigil' del 2018) si ricollegano, forgiando un suono sì memore del periodo d'oro del death metal inglese, ma con una produzione moderna al passo coi tempi, capace di dare nuovo lustro a quel groove morboso e assassino di capolavori quali, ad esempio, 'Transcend The Rubicon' dei Benediction, e soprattutto della praticamente quasi perfetta discografia dei prime mover Bolt Thrower, mai troppo lodati e compianti, che oggi fortunatamente rivivono nei solchi di un disco che entra fin d'ora di diritto nella Top Ten del 2019, sulla scorta di brani quasi sempre cadenzati, ma di un impatto e "tiro" che, oggigiorno, è sempre più difficile riscontrare, concentrati come son tutti a suonare quanto più brutali, tecnici e veloci possibile, accantonando bellamente e criminalmente passione e sentimento, vera piaga del metallo odierno. Dunque, lunga vita ai Memoriam ed al loro massiccio Groovy War Death Metal!
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