MASTERCASTLE: THE PHOENIX
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27/08/2009Per la serie: io me la rischio. Quando si affrontano certi dischi si sa già fin dall'inizio che si va incontro a discussioni infinite. Quindi, sapendolo, ci si va lo stesso. Ho molto sentito parlare dei Mastercastle, e le voci spaziano, come spesso capita con questo genere di gruppi, dalle aspettative messianiche al disprezzo più totale. Come tante altre volte, la verità pare stare nel mezzo. Innanzitutto val la pena considerare che le band nostrane che arrivano sugli scaffali tendono ad essere sempre pochine, rispetto a tanti altri Paesi: è quindi naturale, a mio modesto parere, provare una certa dose di soddisfazione vicaria, un po' come se i complimenti a loro fossero rivolti a noi. Spezzata questa lancia in favore dei sostenitori fondamentalisti della band, mi permetto di ricordare che il Power ed i suoi derivati sono generalmente in un reparto ben differente e differenziato rispetto al Thrash, al Black e compagnia bella. Chi quindi non abbia una buona considerazione del genere stesso cui appartiene il disco in questione, potrebbe tranquillamente non ascoltarlo. E questo è per i fondamentalisti “all'opposizione”. Per quanto invece riguarda i Mastercastle nello specifico, va sottolineato come le competenze tecniche dei musicisti siano di un livello nettamente elevato: Pier Gonnella (Labyrinth, Necrodeath) ed Alessandro Bissa (Vision Divine) sono due elementi ben noti alla secna italica, ed a ragion veduta. Riguardo questi due elementi, se da un lato le chitarre hanno tutta la dignità e lo spessore che meritano, mi permetto di dire che dal “Bix” mi aspettavo qualcosina di più. Mi riferisco qui ai suoni: la struttura ritmica è validissima, solo si poteva supportarla un po' meglio in fase di mixaggio. Manca infatti quella “botta” di cui il “Bix” è ben capace; sarà probabilmente stata una scelta guidata dalla volontà di insistere su sonorità più melodiche, ma rimane un peccato. Il lavoro al basso di Steve Vawamas (Shadows Of Steel, Athlantis) è pulito ed incisivo, un corposo collante tra chitarra e batteria; forse non si distingue per personalità, ma rimane un apporto notevole. Infine alla voce Giorgia Gueglio sfoggia delle corde vocali da invidia: calda, pulita, molto emotiva, mai sopra le righe. E' vero che non si tratta di una voce particolarissima, ma nel complesso risulta molto più che adeguata, dotata di estensione e capacità interpretativa. Una visione d'insieme restituisce un prodotto molto valido, magari non per tutti, ma che gli amanti del genere sapranno apprezzare. Necessita di più ascolti per una buona assimilazione, ma le linee melodiche sono azzeccate, catchy ma non banali; non è il disco che cambierà il mondo del Power Neo Classico, e sicuramente non è un “fondamentale”. Va anzi sottolineato come non si tratti "propriamente" di Power Neo Classico, viste le numerose incursioni nell'Hard Rock, nell'AOR ed in generi più commerciali. Ma è comunque un bel disco, gradevole, emozionante a tratti, che può regalare momenti davvero interessanti di passione musicale.
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