JUGGERNAUT: Neuroteque
data
16/11/2019Non sappiamo quanto consapevolmente o inconsapevolmente i Juggernaut romani siano riusciti a dar vita a quel capolavoro di genialità dal nome 'Trama', datato 2014, dove riuscirono a fondere con mirabolante capacità generi distanti anni luce tra essi quali: swing, noise, jazz, post rock, post core, tango, lounge ed ambient tanto da travalicarli e creare un opera d'arte di pregiato valore. Li aspettavamo al varco, dato che negli ultimi live capitolini ci hanno presentato alcune anteprime che avrebbero fatto parte di 'Neuroteque'. La prima impressione che lascia l'ascolto del disco è una maggiore linearità nei passaggi strumentali e meno voli pindarici o scatti di schizofrenia controllata rispetto al predecessore; la componente cinematico-progressiva ha preso il sopravvento rendendo più atmosferiche le evoluzioni, ed i conseguenti crescendo riescono a lambire distanze siderali fino a raggiungere galassie sconosciute in "Orbitalia" e scontrarsi con realtà imprevedibili e pericolose. Non lasciatevi fuorviare dall'iniziale riffing proto-Tool di "Limina" perchè il Maestro Morricone è dietro l'angolo con le reminiscenze di "Indagine su di un Cittadino al di Sopra di Ogni Sospetto" (non sarà l'unico brano ad avere aloni morriconiani), filtrate dall'irruenza dei Faith No More di "King For A Day Fool For The Lifetime" - ne vien fuori un bel cavallo di battaglia; "Charade" chiama nuovamente in cattedra i compagni di merenda di Mike Patton in versione più irruenta e dissonante del solito. "Astor" è un math-noise che non deraglia mai, concedendosi pause lounge e trasvolate post rock; "Ipnonauta" e "Titanismo" sono due cavalcate postcore che omaggiano i Goblin attraverso inserti di synth che creano spaccati sinistri. Qualche diavoleria da studio quà e là ad opera di Valerio Fisik, vecchia conoscenza e membro dei noisemonger Inferno, chiude il cerchio di un atteso ritorno di eccellente maturità e dalle aspettative pienamente soddisfatte.
Commenti