JASON RODRIGUEZ: Heartstrings
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23/05/2019Jason Rodriguez è un chitarrista americano e Heartstrings è la sua prima fatica in studio solista. Il suo è un sound piuttosto “anomalo” per il generico concetto di guitar hero a cui, superficialmente, si potrebbe accostare. Il sound proposto infatti è un heavy metal dalle connotazioni industrial, per intenderci a metà tra Meshuggah e Fear factory, con punte estreme di matrice death. Full-length decisamente estroso, in cui le strutture cerebrali e le cacofonie disegnano trame inaspettate. Sin da subito vi segnaliamo come lo scopo dell’artista non risulti mai essere esaltare le proprie capacità tecniche, se non altro evidenziando una competenza fuori dal comune ma al servizio dell’espressività, più che della scolasticità. Il risultato già di per sé è ottimo, perché troppo spesso ci si imbatte in situazioni in cui la celebrazione della maestria vada ad oscurare musica ed armonie. Rodriguez trasmette passioni, grazie a suoni non sempre così puliti e pregni di autocompiacimento, ma anzi mettendosi in discussione con pause, melodie ed effetti elettronici. C’è una sorta di drammaticità in Heartstrings, forza che trascende le note e che punta i piedi mostrando i muscoli ma discernendo ciò da calpestare e ciò da risparmiare. Animale che non perde la natura selvaggia e che involontariamente esibisce la propria grazia. Dieci pezzi strumentali non sono sempre così fruibili ed apprezzabili, ma Jason riesce a farci arrivare alla fine del disco palesando ad ogni ascolto nuove livree e restando nel concetto di godibile e spontaneo. L’artista dona familiarità ai pezzi, dopo pochi approcci, senza mai scadere nella banalità. I punti di forza del full-length sono la capacità di stuzzicare palati raffinati, attingendo da suoni old school anni novanta non propriamente avanguardisti. Filoni ed influenze sono così citati per la gioia anche di chi non ama la novità, riuscendo a metterci personalità e lasciando un’impronta. Talvolta il classico bagliore heavy balena nei pezzi, ma è episodio comunque “rivisitato” e contestualizzato nella cerebralità di Heartstrings. Sinceri complimenti allora ad un interprete poliedrico e per nulla schiavo della vanità tecnica.
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