HIBRIA: DEFYING THE RULES
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11/12/2004Partiamo dala prima cosa che (volenti o nolenti) si nota in un disco: la copertina. Perchè la copertina degli Hibria è geniale. Neanche negli anni '80 ci si sognava di mettere su una scena così genuinamente trash, una battaglia di motociclisti armati di spade e mazze ferrate in un'arena post-atomica, osservati da un pubblico incravattato, con (ovviamente) grattacieli cadenti sullo sfondo. Geniale. Roba che "I Guerrieri Della Notte" al confronto è un film socialmente impegnato. Già questo per me giustifica una tenerezza e una simpatia innata per gli Hibria, oltre a far sospettare una cittadinanza tedesca che avrebbe seriamente potuto comprometterne il valore musicale di questo "Defying The Rules" (non me ne vogliano gli amici crucchi, ultimamente dalla Germania sta venendo fuori un disco bello ogni 10 cagate pazzesche). E invece no. I nostri sono nientepopodimeno che brasiliani, e niente hanno a che fare con i colleghi Angra e (di rimando) Shaman. La musica degli Hibria è un power metal robusto, veloce, di scuola Helloween/Running Wild/Rage, in cui il giusto equilibrio tra aggressività e melodia è rispettato quasi sempre, e in cui non mancano inusitati sprazzi ipertecnici frutto di una perizia strumentale veramente accurata e da premiare. Trattasi soprattutto di slanci neoclassici di scuola Malmsteen, a dire il vero parecchio ben fatti e neanche poi tanto banalotti, in grado di arricchire la formula molto diretta e in-your-face adottata dai ragazzi. Bella anche la voce di Iuri Sanson, un VERO cantante heavy metal (niente a che spartire con gli androgini usignoli di scuola Kotipelto), dal timbro potente e dall'interpretazione aggressiva, niente male davvero! Le canzoni, quasi sempre molto valide, spaziano tra un power metal decisamente canonico e forse fin troppo melodico (la lunga "Millennium Quest" ad esempio non sempre riesce a pestare come dovrebbe, e così la successiva "A Kingdom To Share") a sonorità piu' eighties, rappresentate da mazzate heavy/speed come "Steel Lord On Wheels", grandiosa opener con tanto di ritornello monumentale, o "High Speed Breakout" (da notare come gli già citati "Guerrieri Della Notte" sembrano essere parte integrante dell'immaginario dei nostri... bello come certi miti non muoiano mai). Buono anche l'anthem "Defying The Rules", spettacolare invece la conclusiva suite "Stare At Yourself", in cui i ragazzi non mancano di omaggiare i Dream Theater con grandiose fughe di basso e chitarra (veramente fenomenale il laoro svolto dal bassista Marco Panichi, in tutto il disco a dire il vero) sostenuti da tempi di batteria stralunati e spiazzanti quanto basta. Insomma, "Defying The Rules" non fa certo gridare al miracolo, ma in un periodo in cui il "nuovo" power metal sembra stia ultimando la sua definita decomposizione (morte e sepoltura ormai risalgono a qualche annetto fa), fa piacere che ci sia ancora gente che suona questo genere con grinta, passione e, perchè no, qualche valida idea! Certo, non è tutto rose e fiori, ma i peccati di questo disco sono i classici problemi del disco d'esordio: un po' ripetitivo, un po' incostante, un po' già sentito... insomma, difettucci che spero svaniranno col tempo.
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