AXEL RUDI PELL: Game Of Sins
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14/01/2016Inizio 2016 non certo con i botti per i sostenitori del filone hard'n'heavy classico stando a vedere l'esito complessivo della nuova fatica dell'arciere dell'heavy metal di Bochum che a quanto sembra non riesce a scrollarsi di dosso quello stato di apatia creativa che lo attanaglia ormai da parecchi anni. Per carità, se si ananlizzano i brani uno ad uno non possiamo opporre contestazioni da un punto di vista formale, ma è necessario tener conto di altri elementi che vanno al di là della bravura esecutiva e della qualità del sound. Lo schema compositivo è sempre il medesimo, quello che ha avuto il punto di massimo sviluppo in Mystica (e stiamo parlando del 2006), ovvero una combinazione del Dio solista, Black Sabbath (ovviamente epoca Dio) con l'aggiunta di una spruzzata sia di power metal che di seventy hard rock, tuttavia con il passare del tempo gli spazi dedicati agli up tempo si sono progressivamente ridotti, oggi fino ad azzerarsi del tutto per incrementare ballad e brani dall'andamento compassato e di considerevole durata come nel consueto stile di Pell, con la presenza di due/tre mid tempo. Sarà che gli anni passano anche per Axel, sarà la volontà di non abbandonare certe sicurezze, ma per noi ascoltare la solita intro, i riff autoreferenziali, i soliti guitar solo (per carità, sempre ricchi di fascino e meno funambolici rispetto al passato), i tappeti di tastiere che servono a introdurre quell'aura di epica ancestralità sta diventando una routine abbastanza seccante, una situazione complicata dal fatto che ora anche i brani più ritmati sembrano aver smarrito un po' quella verve e quell'impatto catchy da sempre una prerogativa dell'ottimo Axel. Ad ogni modo quando si a che fare con personaggi come Johnny Gioeli, meraviglioso ogni qualvolta apre la bocca (forse l'unico che può tentare di avvicinarsi alle gesta di Ronnie) e l'inossidabile Bobby Rondinelli con il suo potente drumming (anche se non si spinge fuori dall'ordinario) qualcosa di interessante non può non venir fuori; tuttavia da un talentuoso come Axel Rudi Pell ci si aspetta sempre che tiri fuori qualcosa da german guitar wizard e non una manciata di pezzi dignitosi ma che non apportano alcun plusvalore, insomma, mancano quei momenti di genuina goduria che hanno sempre infiammato il cuore dei defender. Decisamente pretenziosa la scelta di proporre come bonus track la cover di Bob Dylan "All Along The Watchtower" resa famosa dalla magistrale versione frutto del genio di Jimi Hendrix, un brano del genere non ha certo bisogno di ulteriori inopportune rivisitazioni.
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