ARMORED SAINT: SYMBOL OF SALVATION
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28/07/2003Gli Armored Saint fanno parte di quella folta schiera di band nate negli States nei primi anni ’80 e sono una delle poche riuscite a farsi valere e ad essere ancora attive nel nuovo millennio. Nelle proprie fila eccellenti musicisti quali Joey Vera( i più ricorderanno il lavoro svolto con i Fates Warning e gli Engine) e John Bush(singer anche degli Anthrax post Belladonna) e di pari sfortuna: Dave Earl Prichard muore il 27 febbraio del 1990 di leucemia.
“Symbol of salvation” rappresenta il loro apice creativo dopo una comunque grande produzione nel decennio precedente: Deliriuos Nomad e Raising Fear sono album di elevata caratura compositiva, figli del Prete Spia e del power americano tanto in voga in quel decennio, ma con un taglio del tutto personale grazie alla forte personalità di ogni singolo componente della band. Una personalità che aveva come valvola di sfogo un’attitudine sfacciata e prepotente(ricercate qualche loro live concert per afferrare a pieno l’idea), ma trasportata in musica con spietata classe, e che ha saputo evolversi, maturare con il passare degli anni. Infatti, il disco in oggetto viene partorito a cavallo tra i due decenni ’80 -’90, e risente dell’influenza di quello alle spalle e guarda a quello nuovo: brani sempre “inquadrati” nella loro tipica forma canzone ma molto vari nella struttura ed una produzione finalmente all’altezza. Molti si aspettavano un disco intriso di rabbia e disperazione a causa della perdita del mai troppo compianto Prichard, ma la grandezza di questo disco risiede proprio nel suo equilibrio, nello spessore dei brani che attraversa tutto lo scibile compositivo, dal mid-tempo al brano tiratissimo, dalla semi-ballad al brano elettro-acustico ed a quello propriamente power(americano).
Emozioni? Dicevo dell’equilibrio, e di pari passo a quello “tecnico”, viaggia anche quello emozionale: Reign Of Terror, il brano d’apertura, potrebbe essere sufficiente come presentazione per farvi intendere cosa vi aspetta andando oltre? Bene, inizierete a camminare flosci come se il mondo intero vi fosse crollato addosso, l’ugola di John vi graffierà, le ritmiche vi tramortiranno(“Dropping like flies”) oppure vi faranno danzare(“Tribal dance”). Non mancano i momenti struggenti come in “Another day”, che disperata passeggia lenta sul lungomare che costeggia i ricordi per poi iniziare a correre cercando di sopprimere il dolore. “Warzone” vi farà riflettere nonostante la carica devastante, “Tainted past”(in cui i nostri hanno lasciato intatto il primo assolo di Dave composto per la canzone prima dell’avvento della malattia) vi farà assaggiare una travolgente cavalcata metallico-acustica.
Direi possa bastare, no?
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