ANDERSEN LAINE READMAN: THREE
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03/04/2006Non posso negare di aver avvertito una certa acquolina in bocca alla notizia del progetto che avrebbe coinvolto, nella primavera di questo 2006 in corso, due tra i miei cantanti preferiti di sempre, alias David Readman (Pink Cream 69) e Paul Laine (Shugaazer, ex-Danger Danger), due voci differenti ma di grande livello qualitativo, le quali hanno avuto la possibilità di affermarsi e farsi apprezzare negli anni all'interno del giro rock che conta. L'occasione buona per riunirli è arrivata, abbastanza sorprendentemente, grazie all'avventura musicale ivi in esame, scritta, prodotta e guidata dal noto Andre Andersen (Royal Hunt), già familiare in casa Frontiers per l'operato nella propria band madre e per altri progetti satelliti alla stessa. Ecco quindi il polistrumentista scandinavo costituire una decina di brani i cui riferimenti strumentali si accodano senza appello a quelli già intravisti all'interno dei Royal Hunt, rivisti e spogliati di tutti i loro fronzoli per dar vita a tracce di una durata che raggiunge al massimo i quattro minuti totali. Dal punto di vista qualitativo ci troviamo di fronte ad un disco dai discreti spunti nel songwriting, mai eccessivamente sbalorditivi ma comunque capaci di intrattenere con buona disinvoltura l'attenzione dell'ascoltatore di turno, messo a proprio agio dalla padronanza vocale ed interpretativa di due tra i migliori singers presenti sul mercato. Quello che invece latita leggermente è l'incisività del sound ottenuto a prodotto finito, il quale, probabilmente a causa di un mixaggio non particolarmente azzeccato, ha restituito un'amalgama il cui supporto sonoro della batteria fatica a graffiare e a sostenere il tutto come dovrebbe. Personalmente (ma questa è solo una questione di gusti personali) ho apprezzato maggiormente, all'interno del disco, i brani di direzione maggiormente hard-rock oriented, vedi ad esempio il solido incedere della rockeggiante "Don't Need A Change" e la marcata spinta della tagliente "The Way It Goes", il tutto senza però nulla togliere ad altri interessanti elementi sparsi all'interno delle tracce più "neoclassiche", vicine ovviamente al background musicale di Andersen. Questo per sottolineare che "III", a ragione, potrebbe probabilmente spiazzare tutti quelli che si sarebbero aspettati (visti i nomi delle voci coinvolte) un disco di chiaro stampo hard, dimenticandosi colpevolmente del supporto supporto e della direzione artistica di un timoniere con diverse caratteristiche di songwriting.
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