URIAH HEEP
Non è mai semplice scrivere di un concerto tenuto da band storiche come gli Uriah Heep. I rischio ricorrenti sono i luoghi comuni e le frasi fatte che potrebbero seriamente ingolfare ed appasentire la pazienza e la predisposizione di chi legge. Fatto sta che la band di Mick Box, fedelissimo membro il quale non ha mai abbandonato il gruppo neanche solo per progetti paralleli, ti fa facilmente incappare nei luoghi comuni che tanto si vorrebbero evitare: parlare di personalità, talento, tecnica, passione. Un insieme di virtù che diventa tutt'uno sul palco, un'unica miscela che ti si rovescia addosso e che non fai niente per liberartene. E' quanto vissuto al New Age in questa fasulla sera di primavera che arriva camuffata ancora d'autunno. Locale pieno come al solito che offre un'acustica sempre all'altezza per una serata che deve per farza quadrare: c'è attesa, c'è curiosità, ci sono indomiti rocker pronti al martirio. Cosa che avviene fin dall'inizio con la magistrale "Wake The Spleeper", opener e title track del disco omonimo di un paio d'anni fa che anche dal vivo impatta alla grande. Poi è tutto un susseguirsi di brani incredibili come "Return To Fantasy", "Bird Of Prey", "The Wizard", "Free 'n' Easy", "Gipsy". Mick Box e Bernie Shaw dettano i tempi ed i modi dello show con il primo sempre sorridente, sempre presente ed a livello esecutvo sempre perfetto; il secondo tiene in pugno la platea con una performance straordinaria, pulita, da buon frontman che non conosce pause, anima e corpo al servisio dello spettacolo. Ovviamente, il concerto non poteva chiudursi senza le leggendarie "Easy Living" e "Lady In Black" durante le quali il pubblico s'immola letteralmente, intonando verso dopo verso testi che hanno fatto epoca e che ancora oggi non smettono di affascinare: va bene vedere quarantenni e cinquantenni in preda ad attacchi d'isteria mentre cantano a squarciagola i brani, ma quando c'è gente assai più giovane che si "fa esplodere" davanti alla note di "July Morning", per dire, allora vuol dire che qualcosa davvero ancora funziona come dovrebbe. In fin dei conti il personaggio dickensiano ripreso dal monicker viene completamente riscattato: qui Uriah Heep è sinonimo di grandezza, di qualità, di positività, e la serata la New Age ha attestato ulteriormente che Box e soci meritano l'immortalità. Anche se non è ancora tempo di lasciare. Anzi...
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