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TRENTEMOELLER

Come trascorrere un San Valentino alternativo evitando il manierismo del prevedibile e dello scontato della solita cena a due? Andare allo show di uno dei dj più in auge degli ultimi anni, e festeggiare con una colonna sonora a tinte scure in una location, Spazio Novecento, di straordinaria bellezza, frutto dell’architettura di stampo imperialista in quel di Roma. Ad aprire l’evento Mike And His Computer, e sin da subito veniamo calati nelle atmosfere elettroniche e cupe tanto care ai Soft Moon, tinteggiate da viaggi cosmici e crescendo siderali di tastiere. Gran bella scoperta ed ottimo antipasto per entrare subito in tema con ciò a cui assisteremo di li a poco.

Cala l’illuminazione, sale la nebbia, attraverso le luci soffuse si intravedono fosche figure e strumenti dai quali viene fuori il post punk/dark più elettronico che i Sisterhood (side project di Andrew Eldricht dei Sisters Of Mercy) abbiano mai partorito, parliamo di “November”: da “One Eye Open” in poi parte il saccheggio dell’ultimo lavoro dove la voce femminile di Jenny Beth calamita la platea e gli arrangiamenti a la Soft Moon di “Still On Fire” saranno la matrice che caratterizzerà gran parte dello show. Le linee di demarcazione restano le stesse anche per “Never Fade”, il basso alla Peter Hook (Joy Division) disegna delle linee nervose e melodiche memori dei migliori New Order in "Redefine"; da “Shades Of Marble” si cambia registro, si vira verso il suo classico stratificare l’elettronica attraverso i campionamenti dei Pulseprogramming e prende piede un tourbillon di suoni, un escalation di emozioni inarrestabile coadiuvato da giochi di luce geometrici di un linguaggio alieno ancora da decifrare, mentre “Miss You” celebra un san valentino in intimità. Rientra in gioco la singer e le sonorità si spostano verso i padri putativi del genere: i Kraftwerk con le loro suite minimali ed i percorsi intergalattici alla Jean Michel Jarre.

Una lunga schitarrata fuori luogo e fuori contesto segna il brano più rock del set finora proposto “Trails”; strizzatina d’occhio al cantato dei Portishead nella grandiosa "Complicated" (remixata anche dai Soft Moon), e si ritorna sui territori cari ai Cure di "River In Me", ammantati dalle tastiere futuristiche di Gary Numan; a chiudere la performance "Moan",’ il brano che, a giudicare dalla reazione del pubblico, in parecchi non vedevano l'ora di ascoltare, persino le fondamenta hanno tremato grazie ad un incedere talmente virale che è stato letteralmente impossibile stare fermi. Sound portentoso, affluenza delle occasioni speciali, amplificazione perfetta; nemmeno nei bis il danese si è lesinato; un intro dalle atmosfere rilassate finisce in crescendo tra i rimandi Cure di "Where The Shadows Fall" ed i Tangerine Dream di "Take Me Into Your Skin". Con tutte le influenze che manifesta nei suoi dischi si è guadagnato la definizione di gran manipolatore dell'elettrodark in high tech.

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