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TONY MACALPINE

Il nome Tony Macalpine è sinonimo di virtuosismo strumentale moderno. Da solista o in una band, come lo ricordiamo a fianco di Mark Boals nei Ring Of Fire e di Derek Sherinian nel progetto Planet X, Tony ha sempre fornito prestazioni strumentali assolutamente incredibili, ed anche incredibile è anche la sua abilità nelle visti di produttore, capace di tirare fuori il suono migliore da ogni band che a lui si affida, sempre e comunque. È quindi una ghiotta occasione quella di andare a vederlo all'opera dal vivo questa sera al Bloom di Mezzago, piccolo locale nel cuore dell'operosa Brianza dove il contatto tra il pubblico e l'artista, proprio per come è strutturata l'area per le esibizioni, diviene molto intimo, per il palco molto basso, ad altezza ginocchia, e per l'assenza di transenne e buttafuori che separano i fans da chi sta suonando, tutto in chiaro stile punk, genere che il piccolo Bloom ha contribuito a supportare in maniera concreta nel corso degli ultimi decenni. L'apertura delle porte è schedulata molto tardi, alle 20.30, ma all'ora stabilita solamente una trentina di spettatori sono già fuori dal locale, il che fa supporre che il concerto di stasera sarà un evento per pochi eletti. Primo guest della serata è Daniel Piqué, un giovane chitarrista brasiliano fresco di debutto discografico, patrocinato da Aquiles Priester, batterista di Macalpine e passato membro degli Angra, che come gli ex compagni promuove gli artisti verde-oro agli esordi. Daniel sale sul palco senza dire una parola, armato di una Gibson Les Paul e di un pc portatile, e, lanciata la base dal computer, si lancia in una miriade di assoli. Il pubblico già presente, che come me ha capito solo in un secondo momento che quella che stava guardando era una esibizione vera e non un sound check, applaude, ma più per educazione e gentilezza che per convinzione, per cinque canzoni strumentali abbastanza noiose, apparse più esercizi di fredda tecnica che pezzi veri e propri. Rapido cambio di palco ed è il turno degli ospiti locali di questa serata, gli LPB di Luca Princiotta, noto agli amanti del metallo classico in quanto chitarrista di Doro e degli italianissimi Clairvoyants e con un passato nei Blaze. Con gli LPB il clima cambia radicalmente, ed il rock strumentale pieno di groove, alternato ad un godibile blues, del power-trio italiano conquista subito tutti i presenti. Sei i pezzi per loro, tutti tratti dal debut album 'Vis Viva', per una mezzora piacevole ed energica. Prima dell'esibizione principale di stasera tocca ancora ad un'altra band, gli Agent Cooper, americani sudisti direttamente da Atlanta, Georgia. Maggiore è il tempo per loro rispetto alle due esibizioni di apertura, ma gli Agent Cooper non mancano il bersaglio, con il loro southern rock così variopinto, così The Black Crowes, così My Morning Jacket e così Alice In Chains al tempo stesso. Nove sono le canzoni che presentano, riproponendo live anche tutto il loro nuovo EP From The Ashes, ed il pubblico presente stasera, che nel frattempo è aumentato, non fa mancare alla band il proprio calore. Show energico e grintoso, per una band che non conoscevo ma che mi riprometto di scoprire su disco in futuro. È l'ora degli headliners, e dopo un cambio di palco più corposo, che richiede qualche minuto in più rispetto a quelli che ci sono voluti finora, ecco la Tony Macalpine band salire on stage. Nel frattempo il pubblico è aumentato un pochino, ma non si può certo festeggiare il pienone stasera. Assieme a Tony ci sono la giovanissima ma incredibile chitarrista israeliana Nili Brosh, forse più brava che bella, a dispetto delle foto che girano su internet, l'ex bassista di Malmsteen Bjorn Englen e, soprattutto, l'ex Angra Aquiles Priester, da me sempre ritenuto migliore del suo predecessore e successore nella band carioca, Ricardo Confessori. Tony sale sulle assi ed inizia a suonare senza mai guardare il pubblico e senza mai staccare tra una canzone e l'altra; alla fine i pezzi suonati saranno 21, ma devo riconoscere che spesso è stato difficile distinguere una canzone dall'altra in quanto, escludendo l'encore ed il drum solo di Priester, tutti i pezzi sono stati presentati in 4 grossi medley, con solamente lo spazio di un “Thank You” tra una sequenza ed un'altra. Curiosamente, la scaletta del tour, che si chiama Dream Mechanism european tour, come un brano dell'ultimo disco omonimo, non contiene la canzone in oggetto, e, per la verità, molto del nuovo album è stato sacrificato per riproporre i pezzi più datati, tanto che, a conti fatti, solamente quattro sono gli estratti da 'Tony Macalpine' che vengono eseguiti dal vivo. Due ore di note vorticose, milioni di note vorticose, fino a che ”Hundreds Of Thousands” mette fine alle ostilità. Da segnalare il fatto che la band, con l'eccezione del batterista brasiliano, dopo il concerto si sposta davanti all'uscita per ringraziare personalmente con foto ed autografi tutti i fan presenti, e ci rimane fino a che tutti non hanno avuto il loro ricordo della serata, cosa che peronalmente trovo molto bella. Che dire per chiudere? Concerto molto intenso, senza nulla di spettacolare e senza alcun effetto speciale, ma con tanta musica suonata bene da quattro grandi musicisti.

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