STAN RIDGWAY (WALL OF VODOO)
Si dipana il fumo dallo stage ed a distanza di 25 anni circa da 'Call Of The West' riemergono i mai dimenticati Wall Of Vodoo nella persona di quel vecchio cowboy di Stan Ridgway, anima e mente della band losangelina fautrice dell'ondata new wave americana (insieme a B52'S, Talking Heads e Television), che si differenziava da quella inglese di matrice piu' post punk. La band si presenta con due chitarre, senza basso, ma con il vecchio beatbox a scandire i tempi e batterista in carne ed ossa; si parte con ''Scavengers'', country/rock/folk jazzato tanto per scaldarsi, segue ''Tomorrow'' che fa tornare indietro ai vecchi fasti e fa salire un po' di amarcord; ''The Big Heat'' e si sogna a suon di armonica. ''Calling Out To Carol'' incede con passo swingato, ''Factory'' e la voce del singer mostra qualche segno del tempo, ma sara' l'unica volta su 105 minuti di set, quindi vuol dire essere in gran forma. ''Turn A Blind Eye'' sembra un tributo a Eric Clapton; da navigato rocker il frontman non perde occasione per intrattenere il pubblico con elucubrazioni giocose vertenti su sigarette, birra e droghe pesanti (in senso ironico). ''Long Arm'' fu scritta durante i suoi 10 anni di lavoro come camionista, ''A Lonely Town'' e' un perfetto mix di swing, jazz e country, un simpatico siparietto in italiano tra il cantante e la tastierista che si apostrofavano vicendevolmente con l'epiteto: pazzi viene concluso con un sonoro vaffa che suscita una larga risata nel pubblico, proseguendo Stan prende di mira l'addetto al merchandising (con un passato da ex wrestler messicano ormai rinnegato verso forme piu tondeggianti che glielo impediscono). ''Don't Box Me In'' e si ripiomba nel periodo d'oro dei vodooers, segue un tributo a Ennio Morricone e alle sue colonne sonore dei film western delle quali la band non ha mai fatto mistero di esserne fan. Un altro gran pezzo: ''Camouflage'', alla fine del quale su delle note malinconiche della tastierista a far da base, il cantante riprende i suoi sproloqui individuando uno tra il pubblico che ha definito: Sean Connery (anche lui era venuto per vederli), per terminare con un commento sul senso della vita e di come la viviamo. Altro tributo strumentale a Morricone, stavolta citato, fa ripartire la baracca, preludio alla parte piu' calda del live set: ''Call Of The West'' senza commenti, ora come allora, e ''Ring Of Fire'' che toglie il fiato. La band va via e rientra per i bis con ''Going On Down To The Barbecue'' che sembra una canzone alla Raoul Casadei, cioe' da balera, ma il concerto non puo' che chiudersi con l'immancabile rendition di ''Call Of The West'', apoteosi di tutto il set proposto come e' esattamente su disco. Menzione di lode va fatta all'organizzzione di Rock City, sia per la location (in un area adiacente a un boschetto fuori dalla citta' tanto che non sembrava di essere a Roma), e per l'ampia disponibilita' di posti che lasciava l'imbarazzo della scelta dei tavoli; non ultimo il fatto che abbiamo assistito ad un concerto dai volumi mai sopra le righe e di questi tempi, molto rumorosi, e' un gran salto di qualita.
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