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ROGER WATERS - THE WALL LIVE

La questione 'The Wall', per chi scrive, è decisamente spinosa, visti i trascorsi da fan dei Pink Floyd, poi rinnegati in età ormai lontana ed ora di nuovo vicini. Si dice che non si è mai abbastanza maturi per comprendere a fondo la band inglese, vista la oggettiva difficoltà di comprenderne e inquadrarne la proposta musicale. Il fatto è che non si trovano due canzoni della premiata ditta Waters/Gilmour (per non parlare di quella Barrett...) che siano uguali, che riciclino formule, che siano agevoli da metabolizzare. Figurarsi come poteva essere l'incontro con l'osannato muro bianco, doppio album (doppio vinile, se possibile, il meglio del meglio) che ha aperto ai Nostri la porta principale per la Storia della musica. E qui iniziano i problemi. Perché un lavoro del genere è, in quanto globalmente riconosciuto capolavoro, pasto anche del meno attento, anche del pusillanime che pensa di scaricare da youtube solo le canzoni più famose, che si fa piacere per moda. Dalla riproposizione integrale di 'The Wall' dal vivo (suvvia, i dettagli formali non li troverete in queste righe) da parte del suo creatore, e a detta dello stesso Waters, ultima tornata di tour celebrativo del trentennale del disco, abbiamo tratto diverse conclusioni. La prima, ricollegandoci alla volgarizzazione cui avevamo accennato prima, è che il pubblico che abbiamo trovato nella data di Roma è stato estremamente eterogeneo. Dalla mamma prog con la figlia al "primo concerto grosso" a professori di liceo, da ragazzi in tenuta da acquapark a metallari in trasferta. Non tutti hanno la stessa sensibilità, ma il problema è che molti si fermano alla esteriorità: non si può trattare 'The Wall' come un concerto qualsiasi dei Pink Floyd o di Roger Waters. Non puoi aspettare tutto il tempo che ti suonino la sputtanatissima "Another Brick In The Wall pt. 2" che magari è l'unico pezzo che conosci e poi quando si intona una "Goodbye Cruel World" preferisci farti di canne e darti al vino. Il "de gustibus non disputandum est" impera supremo anche qui. Una seconda considerazione, diametralmente opposta alla prima, riguarda lo status dell'Opera in questione. Spesso in musica, per lodarlo, si dice che un disco è eccezionale proprio perché è stato inciso da un determinato autore e senza di esso non ci sarebbe stato niente. Bene, in questo caso, non è così. Come quando il cavernicolo Tal dei tali inventò la ruota, ma sappiamo bene che si sarebbe arrivati ad essa anche senza di lui, semplicemente era un passo necessario; così anche 'The Wall' è talmente imponente nella sua influenza, nella sua forza concettuale, nei suoi messaggi, che l'uomo, il "paranoico", avrebbe dato alla luce una trasposizione musicale simile in ogni caso. Quello a cui abbiamo assistito il 28 luglio scorso è stato un concept che ha preso vita letteralmente, si è impossessato dei musicisti, si è palesato con tutta la sua forza. Gli effetti speciali (rivelazione sconcertante per i meno attenti, meno per chi è stato capace di entrare appieno nella storia) sono solo un contorno. Sì, un ammenicolo, un accessorio. Ecco perché quelli che sono venuti per vedere i fuochi d'artificio, per vedere zio Rog che spara con una finta mitragliatrice sul pubblico, per vedere volare un pallone aerostatico a forma di maiale, non ha capito molto dell'evento. Effetti straordinari, posti come veicolo funzionale e celere per trasmettere il messaggio del disco, che sono per alcuni diventati l'attrazione vera e propria. Follia allo stato puro. Per quanto ci riguarda, siamo rimasti attoniti e impietriti per la prima mezzora del live, in particolare quando le foto di Waters senior, morto combattendo durante la Seconda Guerra Mondiale sulle coste laziali, si sono affiancate a quelle di tanti, troppi ragazzi, uomini che hanno cercato di abbattere il muro dell'indifferenza, hanno cercato di saltare oltre il muro del totalitarismo e hanno sacrificato la loro vita: solo lacrime che sgorgavano copiose, almeno fino a quando i babbuini nel parterre hanno iniziato a saltellare e a blaterare "ui don nid no educhescion...", poi sono arrivati i bambini in coro, sul palco, a cantare e combattere il mostro gigante. Lì forse il simbolismo era talmente ovvio che chiunque avrà facilmente intuito che in effetti non abbiamo fatto una fila di dieci ore per un concerto normale. Una scenografia da urlo, con blocchetti veri, proiezioni di blocchi finti, prorzioni del film tratto dal disco (l'inquietante "The Trial" soprattutto), luci, aerei che si schiantano dietro al muro, riprese di Waters talmente grandi che anche in curva avranno goduto un ottimo spettacolo. Altro momento di grande partecipazione la epica di "Bring The Boys Back Home" e le immagini che troppo spesso rifiutiamo di vedere, perché la fame, la guerra e la violenza ci fanno paura solo quando sono a due passi da noi. La storia di Pink, rockstar decandente e sempre sull'orlo del baratro, con il suo travaglio interiore ed esteriore, i traumi della vita e un sistema di persone che alla fine lo portano ad un processo mentale liberatorio, con l'esito conclusivo di abbattimento del muro creato, ha superato il mero aspetto live e l'esibizione in sè dei musicisti. Logistica da migliorare, l'attesa durante uno dei giorni più caldi dell'anno ha visto i migliaia di fan diretti al settore prato esposti ad un Sole killer, con l'unico riparo di un metro quadrato d'ombra sotto una siepe. Inoltre benché non ci fosse il rischio di morire di sete, visto che sia i napoletani fuori che i venditori autorizzati all'interno erano praticamente in proporzione 1:1 col pubblico, una bottiglietta d'acqua che costava dai due ai tre euro era un insulto alla nostra sofferenza. Infine, un grazie (sarcastico) al Comune di Roma per aver lasciato migliaia di persone in balia dei tassisti abusivi alla fine della serata.

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