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PAIN

Sempre diviso tra Hypocrisy e Pain, il mitico Peter Tagtgren decide finalmente di tornare in Italia con il suo progetto electro metal per ben tre date a supporto dell'ultimo album, il più che buono 'You Only Live Twice'. L'affluenza di pubblico purtroppo non sarà quella da grandi occasioni (per quanto mi riguarda Tagtgren merita molto, molto di più), ma il pur poco pubblico si rivelerà caloroso e assolutamente partecipe. Aprono le danze i tamarrissimi Turmion Kätilöt, finlandesi che potremmo definire come tunz-tunz black metal. I nostri, infatti, bardati di tutto punto come fossero i Marduk, ci propongono un black metal sinfonico piuttosto arioso, con la particolarità di avere come base una cassa dritta e sample elettronici costanti. La cosa si rivela entusiasmante e anche divertente per i primi due brani, per poi scemare subito dopo, anche visto lo scarsissimo coinvolgimento del pubblico. Il tutto comunque viene mitigato dall'autoironia della band (brava, peraltro, a sopportare la quasi totale mancanza di applausi alla fine di ogni brano), che per quanto mi riguarda scende dal palco vincente. Non credo li riascolterò mai più, ma hanno tutto il mio rispetto. Tocca subito agli svedesi Engel, noti per essere la band di Niclas Engelin, attuale chitarrista degli In Flames (e infatti assente proprio per questo motivo). Devo dire di nutrire una passione smisurata per la band di Goteborg, e ho accolto la loro calata con entusiasmo. Entusiasmo purtroppo placato dai suoni abbastanza indecenti che li hanno accompagnati, e che hanno reso la performance del quartetto svedese noiosetta. Peccato davvero perchè i pezzi, lo sappiamo, ci sono tutti, e il death melodico 'progressivo' dei nostri ha tutte le carte in regola per fare non bene, ma di più. Da rivedere in un contesto più adatto; magari in terra natia...Tocca finalmente ai Pain, che aprono alla grande con la thrasy "Let Me Out", opener anche dell'ultimo album; i suoni sono decisamente migliorati (soprattutto verso le prime file, alle quali è peraltro semplicissimo accedere) e la band non si risparmia; il buon Peter si rivela frontman simpatico e coinvolgente, e soprattutto in perfetta forma dal punto di vista locale, tanto che tutte le hit della band vengono proposte in modo impeccabile, anche grazie alla semplice ma suggestiva scenografia. Dall'ottima "The Great Pretender", passando per le immancabili "Zombie Slam", "Monkey Business", "Nailed To The Ground" e "Same Old Song", i Pain riescono a prendere per il collo le poche persone presenti, e fornire un concerto che sicuramente chi non c'era rimpiangerà di non aver visto. Peccato per la mancanza di "Eleanor Rigby", ma il set si è comunque chiuso alla grande con il tormentone "Shut Your Mouth" che praticamente TUTTI hanno cantato. La band si congeda inchinandosi sulle note di "My Way" di Sinatra, e non c'è modo migliore di salutare una platea poco folta, ma assolutamente fedele e calorosa. Alla prossima.

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