MYTHIC SUNSHIP + LA MORTE VIENE DALLO SPAZIO
Serata dai forti sapori space, in cui non si è avvertito nessun bisogno di forze gravitazionali che avrebbero potuto tenerci saldi a terra, quella trascorsa sotto le volte sotterranee dello Spazio Ligera di Milano, venerdì 13 aprile, che si è rivelata location congeniale per proposte che fanno della psichedelia spaziale il proprio punto cardine. Dalle lande milanesi prende corpo la sperimentazione e la continua liquidità dell'ensemble La Morte Viene dallo Spazio, dove, sul palco di Via Padova, hanno partecipato membri di Giobia, Red Sun e The Gluts tra gli altri, e che ci ha fatti immergere in un tourbillon di suoni e di visioni degni di un film di fantascienza d'altri tempi. Si nota che è un collettivo in continuo movimento e mutamento, dato che non esiste (e forse non esisterà mai) una formazione fissa e ben definita, privilegiando invece l'aspetto più jammato e dato dalla voglia di scoprire sempre nuovi territori. Con un sound molto effettato che prende spunto dal kraut, il collettivo ci occupa la mente ed i sensi; nonostante qualche passaggio poco chiaro e difficiel da districare, si è comunque notata una notevole sintonia tra i membri ed una concentrazione mista a sano divertimento che ci permette di cogliere i frutti più saporiti del viaggio musicale. Se già con La Morte Viene Dallo Spazio abbiamo raggiunto una certa sommità, con i danesi Mythic Sunship si raggiungono le orbite più sconfinate. Autori di tre ottimi gioielli di psichedelia pura editi da El Paraiso Records, i quattro giovanotti danesi con l'aria da bravi nerd mantengono quella sensazione di trip cosmico che si può notare su disco, aggiungendo in sede live quelle stilettate aggressive che ci fanno muovere incessantemente e che non fanno mai male, anzi donano quella sensazione curativa di liberazione e spensieratezza. Ritmi continui che, di tanto in tanto, variavano direzione, grazie soprattutto al basso di Rasmus Christensen, e arpeggi chitarristici di grande qualità della coppia Thorenfeldt/Stougaard Andersen, ci hanno portato in giro per le diverse dimensioni, ignari di ciò che succedeva intorno. Una serata con gente presa bene, sul palco e in platea, in cui si è volati molto alti, e dove scendere è stata piuttosto dura.
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