MOTORHEAD
Le prevendite sono andate alla grande, e Villa Contarini si mostra strapiena non appena i Motorhead salgono sul palco. E Lemmy non deluderà i 4000 e passa astanti letteralmente prede delle note macchiate d'olio bruciato e ruggine che identificano il sound della storica formazione inglese. Ma andiamo con ordine. Ad accompagnarli Merendine Atomiche ed Extrema. I primi giocano in casa e si dimostrano abili nel riscaldare gli già affamati divoratori di rock pesante presenti sotto al palco. Come al solito i suoni non sono perfetti per i cosiddetti "guests", ma i nostri sanno stare il gioco e vitaminizzano a dovere l'ambiente forti di una esperienza di tre lustri sul groppone, ma soprattutto in grado anche di vantare un repertorio del tutto rispettabile e convincente. Luca Zandarin, dietro al microfono, convoglia in sé quanto di buono serbano i nostri e lo sputa sulla platea con la grazia metallica di chi "sa campare". Alla loro buona prestazione segue quella degli Extrema, ormai veterani che assicurano uno spettacolo a tutto tondo fatto di potenza ed energia invidiabili. Perotti al solito in forma, anche se come sempre si perde in qualche slogan di troppo che alla lunga stanca. Al di là di questo la band c'è, Massara da par suo plasticheggià e mette in mostra le sue mille smorfie, e l'impatto complessivo è di quelli sopra la media. Peccato per un repertorio buono, ma prolisso e derivativo. Poi è l'ora dei Motorhead. Lemmy più statico di sempre pare ormai una statua di bronzo. Lo smuove una bottigliata che ad inizio concerto colpisce la tastiera del basso. Incazzato, manda a fare in culo il novello lanciatore con un sonoro "you broke my bass. Fuck you, bastard". A cambiare invece è il motto della band, e si passa dallo storico "We are Motorhead and we are gonna kick your ass" ad un più imborghesito "We are Motorhead and we play rock'n'roll". Detto questo, vai con le mazzate sonore del trio. Solo due estratti dall'ultimo "Motorizer" - "Rock Out" scatena il parterre - una scaletta con qualche sorpresa tipo "Another Perfect Day”, i soliti classici, "Iron Fist", "In The Name Of Tragedy" e via dicendo, e conclusione scontata con "Ace Of Spades" e "Overkill". Cioè, loro sono i Motorhead, quelli in grado di spaccare culi sempre e comunque anche se ogni show è l'autentica ripetizione di quelli eseguiti negli ultimi 30 anni. Un dovuto elogio a Mikkey Dee, fenomenale batterista ed uno dei pochi, se non l'unico, a non ammorbare allo sfinimento durante il consueto drum solo. In definitiva, bella serata, tanti calci negli stinchi e tanti ragazzi giovani con la schiuma alla bocca non appena hanno intravisto Lemmy approcciare lo stage. E' un bel segno, no? Come se un nonno stesse raccontando la sua vita ai suoi nipotini. E che nonno, cazzo!
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