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MONO + SOLSTAFIR + THE OCEAN

Tutti i concerti belli sono in qualche modo delle serate da ricordare, ma quando ci sono eventi con un bagaglio talmente elevato di qualità, a cui si aggiungono particolari cure nei dettagli musicali, questi rischiano di essere delle serate da ricordare non solo nei giorni immediatamente successivi all'evento stesso, ma al contrario hanno il grande pregio di essere ricordati davvero a lungo. In questo caso la bassa Brianza si è fatta rispettare in tutto e per tutto, e per chi ama la buona musica, la musica vera, autentica, senza pregiudizi o futilità varie, la serata di venerdì 30 ottobre al Bloom di Mezzago (MB) è una di quelle serate in cui è assolutamente vietato non presenziare, pena l'eterno dolore di una consapevolezza che eventi di questo tipo, di questa caratura, di questo fascino, siano raramente ripetibili in lassi di tempo relativamente brevi. All'opera sul prestigioso palco brianzolo tre band, con tre stili tra di loro sostanzialmente diversi, che hanno concepito i loro ultimi rispettivi lavori di ottima qualità, e che vogliono mettersi alla prova tutti e tre insieme per provare a regalarci momenti indelebili. Venite e seguitemi nella storia di una serata importante.

Entro nel locale già strapieno di gente (e solo questo per rendersi conto dell'importanza dell'evento), che i tedeschi The Ocean hanno da pochi minuti iniziato il loro show. Uno show carico di adrenalina, denso di spunti, ma soprattutto denso di sudore e di rabbia post-metal che la compagine sul palco emana e fa zampillare senza vergogna. La nutrita band capitanata dalla voce e dalla presenza valorosa di Loic Rossetti ha rilasciato un paio di anni fa l'ennesimo capitolo scintillante del loro percorso discografico fatto di viaggi ultraterreni, di territori lontani anni luce da noi, di elaborazioni mistiche ed astrali di difficile conoscibilità a noi comuni mortali, quel 'Pelagial' che cattura tutti noi in un buco nero dalla difficilissima via d'uscita. La durata della performance brianzola non è particolarmente elevata (una quarantina di minuti), permettendo quindi alla band di dosare i brani non prendendoli interamente da 'Pelagial', ma pescando invece i momenti più salienti della loro discografia in senso più ampio. Nella venue brianzola vengono proposti due brani da 'Pelagial', "Hadopelagic II: Let Them Believe" e "Demersal: Cognitive Dissonance", inseriti nel bel mezzo dello show. La prestazione della band è stata impeccabile, con la versatilità vocale da parte di Rossetti che si è fatta sentire in maniera importante, supportato dalle montagne russe soniche dei suoi compagni. E' stata talmente carica di adrenalina e di voglia che Rossetti stesso, tra le varie movenze in lungo e in largo per il palco, si è concesso il lusso di esibirsi in un paio di crowdsurfing in mezzo al pubblico, riuscendo ad esclamare il suo caratteristico growl letteralmente pancia e gambe all'aria. 

La setlist si completa con "Rhyacian: Untimely Mediations" (dall'album 'Precambrian' del 2007) e, non a caso, dalla nuona "The Quite Observer", che fa parte dello split con l'altra band di cui daremo conto più avanti. Il pubblico si rivela assolutamente entusiasta e saluta la band con gioia, con la speranza di attenderli in una situazione in cui possano essere assoluti protagonisti, possibilmente da headliner e con un set più ampio e variegato.

Setlist THE OCEAN:
Rhyacian: Untimely Meditations
Hadopelagic II: Let Them Believe
Demersal: Cognitive Dissonance
The Quiet Observer
 

Il tempo di posizionarmi nelle prime file, tra l'andirivieni generale del pubblico, per assistere ad una band di profilo diverso rispetto a coloro che li hanno preceduti. Una band la cui terra d'origine, la fredda e lontana Islanda, ben si percepisce all'interno di ogni loro singolo brano, mescolando decadenza e dinamismo ritmico in un cocktail di cui esserne dipendenti diventa pressoché automatico. Il cantato nella lingua madre influisce ancora di più il senso di mistero di una band dalla difficile penetrabilità, ma che una volta potuti ascoltare è altrettanto difficile farne a meno. Si sta parlando dei Sólstafir, che ci inebriano dei venti d'Islanda come già sono riusciti a fare ascoltando il loro ultimo album 'Ótta', dell'anno passato. I quattro valorosi interpreti cercano di mettere subito in chiaro le cose attaccando con "Dagmál", con le sue ritmiche sostenute e dettate dal duo basso-batteria formato da Svavar Austman (con le sue lunghe trecce nordiche che appena appena si notano.....) e Guðmundur Óli Pálmason, e con il vocalist Aðalbjörn Tryggvason che cerca di prendere la scena abbrancando il microfono ed emanando il suo tipico timbro vocale, rigorosamente in lingua madre. C'è da dire però che, nei primi due pezzi, nonostante comunque un inizio buono della band, la voce di Tryggvason, già di per sé particolare, tendente al lamentoso, fatica un po' ad essere lineare, incisiva e soprattutto diretta ad entrare nella mente dell'ascoltatore.

Qualche minuto di assestamento, dopodiché Tryggvason prende in mano la sua chitarra, si assume le sue tipiche posizioni e i suoi tipici atteggiamenti, e come d'incanto la sua prestazione, nonché quella della band, aumenta esponenzialmente di livello. "Ótta" è assolutamente imperiosa e fantastica nel suo incedere fragoroso, facendoci prendere tutti dal ritmo incessante e carico di visioni atmosferiche che si mischiano con un modo di fare metal assolutamente coinvolgente. E' da quel momento che prende forma l'improvvisato trio Bellachioma, di cui fanno parte il sottoscritto insieme ad altri due ragazzi dalla chioma fluente, ovviamente assolutamente inconsapevoli. Le nostre chiome vengono fatte agitare anche nei pezzi a seguire: "Náttmál" incitata molto dal pubblico, "Pale Rider", "Fjara" e la conclusiva e trascinante "Goddess Of The Ages", che assieme alla title-track dell'ultimo album si presentano come momenti apice della performance. La band ormai è padrona del palco, del proprio destino, ma soprattutto dei corpi del pubblico partecipante. Sono riusciti a penetrarvi con disarmante facilità, per poi uscirne a show ultimato. Tryggvason diventa frontman mattatore della scena, lesinando spesso blitz sul fronte palco per essere accolto dalle prime file, e come un comandante dell'esercito dirige le menti verso lo stato di eccitazione generale. Da notare in particolare come lo show sia stato assistito in maniera fantastica dall'impianto luci del palco, che con i suoi cambi scena e giochi di colore ha reso lo show davvero di prima qualità ed atmosfericamente impeccabile. Show da spellarsi le mani.

Setlist SÓLSTAFIR:
Dagmál
Ljós í Stormi
Ótta
Náttmál
Pale Rider
Fjara
Goddess Of The Ages
 

Da una band la cui prestazione è stata accolta con voti pienamente positivi e con un'accoglienza all'altezza della situazione, si passa infine ad una band che ormai, col passare degli anni, è diventata e si consolida come garanzia di qualità al livello dei marchi DOC dei prodotti gastronomici tipici. Ormai sappiamo come i giapponesi MONO interpretano i loro show dal vivo. Dopo aver messo a punto la strumentazione con un'apparente indifferenza generale, ma invece carica di interesse, salgono sul palco, si posizionano ciascuno in precisi punti dello stage, interpretano i loro pezzi per il tempo a loro concesso, e non proferiscono una parola se non alla fine quando uno dei due chitarristi, nonché leader della band, Takaahira 'Taka' Goto saluta e ringrazia il pubblico con il suo inglese non immediatamente percepibile. Sembrerebbe tutto regolare. All'apparenza. Perché ciò che producono sul palco, e che sostanzialmente riprende ciò che si può sentire nella loro cospicua discografia, è un sensazionale turbine di fascino, emozioni, stati d'animo che dentro di noi prendono vita e si impossessano del nostro corpo assolutamente inerme; è un cavalcarsi continuo di fragore, di fluttuazioni, di viaggi mentali e spirituali che ci riconciliano con la vita passata, presente e futura. Il tutto mentre loro sembrano apparentemente calmi e fermi nelle loro posizioni. Apparentemente. Perché le loro melodie, talmente precise e ben dosate, talmente essenziali come lo era la concezione dell'architettura cellulare e modulare di stampo avanguardistico del Giappone degli anni '60, producono una tale energia dentro i corpi dei musicisti che, a loro volta, contribuiscono a produrre un'energia altrettanto potente di senso contrario che parte dalla base del palco, sotto i loro piedi per raggiungere la sua controparte nell'incontro tra le mani dei musicisti e lo strumento che si sta suonando. E questa sensazione si è puntualmente verificata, come nelle scorse esibizioni italiane a fine aprile, anche qui al Bloom.

Una "Recoil, Ignite" che, nonostante qualche piccolo problema di comprensione tra il batterista Yasunori Takada ed il resto del gruppo, dimostra ancora una volta che può propagare sensazioni superbe ed incredibili stati mentali che, se potessero, andrebbero avanti senza fine. La nuova "Death In Reverse", brano inserito in 'Trascendental', lo split con i The Ocean di qualche riga sopra, che nonostante sia appunto un pezzo nuovo, sembra essere già nei cuori degli ascoltatori, avendo la sensazione di ascoltarne ogni singola nota da una vita. "Kanata", con le consuete movenze di braccio di 'Taka' Goto, talmente assorto nei suoi pensieri mentre pizzica le corde della sua chitarra con tatto e leggerezza, creando quegli intimi incontri tra persone che si rispettano, si amano, si sfiorano, ma non intendono sfruttarsi carnalmente l'uno con l'altro, rispettando questo rapporto spirituale. "Halcyon", con la sua armonia coinvolgente e che ci prende per mano, diretti verso la successiva "Ashes In The Snow", un brano che quando lo si ascolta, produce una voglia tale di affetto e di amore verso il prossimo, verso le persone che ami, verso i membri della famiglia a te molto cari; un brano che rievoca un'iniziale sensazione di struggente lontananza, che però viene presto capovolta dal ritorno verso di noi della persona che si ama, innescando un forte, intenso ed infinito abbraccio; canzone da lacrime agli occhi. E la conclusiva "Requiem For Hell" che si rivela un misto tra atmosfera densa di pathos, e intensi momenti di pura adrenalina intrinseca, il tutto guidato dalle movenze di 'Taka' Goto e della bassista Tamaki, che cattura il pubblico presente grazie ai suoi affascinanti ed inebrianti movimenti ondulatori, al ritmo delle melodie fantastiche prodotte dalla band intera.


MONO. Semplicemente sinfonie musicali che sono un continuo e profondo tuffo al cuore. L'apice di un'intera serata all'insegna delle emozioni che ci disarmano, che ci lasciano senza fiato, tenendoci stretti mano nella mano perché la musica è, forse, l'unica arte che ci tiene uniti nella visione e nella direzione di un mondo migliore, quel mondo che intanto, ascoltando nelle orecchie ogni singolo brano delle band che al Bloom hanno suonato, cerchiamo di renderlo migliore dentro di noi, per poi esternandolo verso il prossimo, sempre col sorriso, sempre con ottimismo.

Setlist MONO:
Recoil, Ignite
Death In Reverse
Kanata
Halcyon
Ashes In The Snow
Requiem For Hell
 

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