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KRAFTWERK

Umbria Jazz con i Kraftwerk tra gli headliner significa che le kermesse dedicate ad un solo genere musicale non sono più così esclusive; la contaminazione ormai è talmente trasversale che non si capisce più dove ne finisce uno stile e si sviluppa l’altro. Arrivati sul posto con leggero ritardo causa impossibilità a trovare parcheggio, l’inizio del concerto lo abbiamo ascoltato mentre ci avvicinavamo alla location,ma l’elettrizzazione era già in fase loop cioè di autoalimentato tazione. Più ci avvicinavamo al palco, più il connubio musica immagini in 3D, che puntavano dritto ad ognuno di noi (come la scena del satellite che usciva dallo schermo e ti veniva addosso), creavano un ambiente intimo e personale per ogni membro del pubblico; dimensione che ha aumentato l'enfasi ed il trasporto, portandoci a metà degli anni '70, quando chi come me era in quell’età tra l’infanzia e l’adolescenza. In quel periodo in cui quelle musiche semplici avrebbero caratterizzato la nostra storia e quella della musica, ma non lo avremmo mai potuto immaginare perché ci siamo cresciuti insieme e fanno parte del nostro dna, pardon, dei bit del nostro software. “Man Machine”, “Autobahn”, “Trans Euro Express”, “Spacelab”, “The Model”, più che un concerto un viaggio indietro nel tempo dove il minimalismo é stato reso attuale dal progresso tecnologico della strumentazione, ma l’essenza rimane racchiusa in quelle note primordiali che filtrate dai software di processing risultano mostruosamente attuali. “Radioactivity” ci ha traslati in quello spazio temporale in cui la guerra era scandita dalle informazioni criptate dall’alfabeto morse e dalla conseguente devastazione che l’uomo ha saputo autoinfliggersi tramite le ferite ancora aperte di Hiroshima e Chernobyl; durante l’esecuzione del brano si percepiva la radioattività che attraversava il nostro corpo per quanto è riuscita a farlo vibrare = magia. “Tour de France” è stata in grado di farci udire, tra le note, persino l’affanno dei ciclisti ma alla lunga oltre venti minuti di durata l’hanno resa un pò estenuante, come le fatiche del tour stesso; al termine della quale i teli si son chiusi ed il pubblico ha iniziato a reclamare la band a gran voce. In realtà si è trattato di una trovata scenica perché i quattro cavalieri del suono sintetico sono stati sostituiti da altrettanti androidi creati a loro immagine e somiglianza per regalarci uno dei momenti topici del set: “The Robots”, nonchè primo dei bis, il set è stato chiuso da “Musique Non Stop”, mai titolo fu più emblematico: la musica non può finire. Intramontabili.

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