IN MOURNING
Quello appena trascorso è stato uno dei weekend tra i più impegnativi della stagione finora trascorsa: Venerdì 4 maggio i Godflesh, Sabato 5 Lili Refrain, e Domenica 6 ci siamo trovati a dover scegliere tra i concittadini Inferno, oppure il trittico In Mourning/Clouds/Antarktis. Abbiamo scelto il secondo evento. Ovviamente, essendo domenica l’atmosfera era più rilassata, la gente arrivava alla spicciolata ed avendo avuto un weekend impegnativo, musicalmente parlando, più di qualcuno è rimasto a casa. Ci hanno pensato gli Antarktis a risvegliarci (spin off costituito da membri transfughi dagli In Mourning e dagli October Tide) con un postcore/postmetal mastodontico, un mix molto ben riuscito tra la melodia catartica degli Swallow The Sun e la violenza dei primevi Cult Of Luna; tre voci, grandi intrecci di chitarre ribassate, quando pestavano erano tellurici e ci trascinavano in un vorticoso ed inarrestabile headbanging; in certi frangenti abbiamo avuto l’impressione di ascoltare le band di cui sopra, in quanto alcuni spaccati erano letteralmente rubati, ma ciò non ha minimamente inficiato il trasporto che hanno trasmesso. Travolgenti. I Clouds dalla Romania, hanno rallentato ed oscurato le atmosfere, proponendo un Doom/Death Metal vischioso e sofferto con diversi punti di contatto col funeral doom dove ogni colpo di batteria era una mazzzata inferta alla vita; punto dolente la voce, troppo lamentosa nelle clean vocals, ma cavernosamente mostruosa nel growling; quando spingevano sui volumi delle chitarre ed alzavano il ritmo l’effetto era dirompente, un onda d’urto impetuosa, altrimenti lasciavano la sensazione di essere un po' troppo ridondanti. Intensi, lenti, dolorosi ed esplosivi, ma anche ripetitivi, con il vocalist che non perdeva occasione per ringraziare il pubblico. A chiudere gli headliner In Mourning, nei quali militano ex membri dei Katatonia; si sono rivelati i più rockeggianti del lotto; molto tecnici, svisavano tra gli ultimi Katatonia, gli Opeth ed i Dark Tranquillity, iniettando i brani con qualche soluzione djent. Il loro sound non ci ha entusiasmato perché troppo trasversale, come il voler cuocere una pietanza utilizzando molte spezie, alla fine nessuna lascia il segno, nemmeno come retrogusto. Anziché dulcis in fundo, ha vinto la legge del contrappasso, siamo stati accolti con il piatto principale (Antarktis) per andar via con l’antipasto (In Mourning).
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