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GODS OF METAL 2008 ::: parte 3

NIGHTMARE Sinceramente era veramente molto curioso di assistere alla prova dei francesi Nightmare su un palco grande e grosso come quello dell'Arena Parco nord. Sconosciuti ai più, ma in giro dal 1979, per colpa di una promozione sempre troppo avara di investimenti, i metallari d'oltralpe hanno da sempre rappresentato un grande punto interrogativo. Ho potuto assistere solo all'ultimo pezzo in scaletta "Wicked White Demon" dall'ultimo album 'Genetic Disorder' con mio sommo disappunto, ma già da questa esecuzione, ho notato un sound roccioso e per niente atrofizzato dalle varie età anagrafiche dei componenti o da un songwriting stantio che ripropone quello che suonava vecchio già dieci anni fa. Tenendo conto che il gruppo si è esibito per una ventina di minuti scarsi da mezzogiorno, c'era davvero un discreto numero di gente assiepata là sotto. Heavy metal roccioso, dinamico e per niente palloso, suonato ed interpretato con grinta ed esperienza. Avessero potuto disporre di più tempo, sarei stato veramente felice. INFERNAL POETRY: la band mia conterranea parte anch'essa con l'enorme sfortuna di avere il sole a strapiombo e come logica conseguenza, poca gente stipata là sotto. Dopo aver assistito ad innumerevoli prove live, tristemente devo ammettere che gli Infernal Poetry rendono al meglio in spazi piccoli, dove il contatto fra gruppo e fans è quasi diretto. Il nuovo album in effetti tarda ad uscire, ma non per questo il gruppo ha difficoltà a pescare qua e là fra i loro pezzi migliori per un totale di venti minuti di musica. Il death metal a la At The Gates (o primi Dark Tranquillity se preferite) degli esordi è andato scomparendo quasi del tutto a favore di una formula che gioca più sull'impatto scenico che sulla brutalità sonora vera e propria. E così sotto il solleone di Domenica la formula non regge e il gruppo appare un po' in affanno. Presente come ospite Trevor, il cantante dei Sadist, sulla conclusiva 'Crawl' ma il risultato non cambia. Peccato, veramente un peccato. FRATELLO METALLO. Vi ricordate Frate Cesare, il cosiddetto "frate metal" il cosiddetto fan in saio francescano? Ora canta pure ed ha un gruppetto che lo segue. Al limite fra il pacchiano ed il bigotto, ma in definitiva tutto programmato da qualcuno sin nei minimi dettagli, con ritardo stravolgendo la scaletta sale sul palco e togliendo minuti preziosi agli IP. In definitiva una predica urlata con accompagnamento metal... cerca di fare proselitismo citando tematiche decisamente fuori contesto in un concerto metal, che dir se ne voglia, guadagnandosi qualche vaffa e una buone dose di bestemmie da qualcuno e l'accondiscendenza più sfegatata di altri. Intervistato a lungo da Allmusic alla fine del concerto. Non do giudizi di nessun tipo, dico solo che per me la presenza di Fratello Metallo in scaletta mi è sembrato solo uno specchietto per le allodole, visto che il quarto d'ora che è stato sul palco poteva benissimo essere ridistribuito fra Nightmare e Infernal Poetry con risultati per entrambi decisamente più dignitosi. Dopo varie abluzioni ecco l'ora degli ENSLAVED. Col sole del primo pomeriggio ben alto nel cielo i norvegesi faticano parecchio a carburare, ma giusto il tempo di un pezzo come "Entroper", tratta dall'ultimo album del gruppo 'Ruun'. Personalmente l'ultimo corso artistico del gruppo è abbastanza intrigante, ma avevo paura che dal vivo, e sotto un sole cocente, i norvegesi avessero perso l'energia necessaria per le canzoni. Piacevolmente smentito, ho potuto constatare che sebbene un po' snobbamente e con un po' di fiacca per il termometro alto, gli Enslaved hanno risuonato malvagiamente per tutta l'arena favoriti da una resa sonora piuttosto secca (nella quale i nostri sguazzano perfettamente). Non so a menadito tutte le canzoni del gruppo, ma potrei scommettere di averne sentite parecchio dagli ultimi album (ovviamente) tant'è che alla fine il gruppo chiude, esplicitamente, con "Isa", "Return To Yggdrasill" e "Ruun" e per il sottoscritto, caldo a parte, è stata proprio un'esemplare esperienza. OBITUARY. Eroi della mia adolescenza, assieme ad altri 1000 gruppi, anche per quanto riguarda gli Obituary avevo serie preoccupazioni. Non tanto per il caldo, visto che in Florida sarebbe stato peggio che a Bologna (sebbene il buon vecchio John Tardy si sia presentato con felpona a maniche lunghe sul palco...) quanto per gli ultimi dischi registrati, che a mio parere non sono per nulla paragonabili al materiale della prima metà degli anni '90. Invece live anche le nuove canzoni sono veramente ottime, meglio che su CD (esempio su tutte "Evil Ways") e quindi ho osato raggiungere una postazione quasi al centro/davanti alle transenne per godere appieno della prova di una delle death metal band più seminali che ci siano. Coinvolgimento galattico e un Ralph Santolla perfettamente in sintonia sia con gli altri membri del gruppo che con il pubblico stesso, oltre che con il proprio strumento, sfornando degli assoli veramente da paura. E' stata eseguita perfino "Slowly We Rot" dall'omonimo primo album, oltre che altri classici come "Find the Arise" e "Chopped In Half", quindi davvero nulla di lamentarmi, una gran bella prestazione degli Obituaty, a dispetto di quello che mi aspettavo. Felicemente smentito. MORBID ANGEL. Sempre dalla Florida, altro gruppo storico del death metal e altro bagno di sangue. Non avevo mai visto i Morbid Angel live e quindi ero molto curioso. Subito parto con le note positive: tanti pezzi storici da leccarsi le orecchie come "Immortal Rites", "Rapture", "Evil Spells" ed in genere si pesca benissimo dai primi tre album (storici) del gruppo. Esecuzione cristallina, molto meglio che sui rispettivi dischi (perché diciamo la verità, quasi tutti gli album dei MA hanno un sound alquanto scarsino...) e tanto coinvolgimento verso il pubblico. Pete Sandoval ha dato ancora una volta prova di essere una vera mitragliatrice sovraumana e David Vincent un ottimo growler oltre che un carismatico frontman. Sinceramente avrei preferito vedere i Morbid Angel suonare dopo il pingue Yngwee, ma comunque mi sono goduto l'ora di death metal nel pieno delle mie forze, con bottiglione tattico da due litri pieno d'acqua vicino a me. Note negative (poche): qualche errorino vistoso qua e là e un Trey Azagtoth un po' svogliato sul palco, ma non in quanto a resa finale, se mai come atteggiamento. Dai Nightmare in su (sorvolando il cappuccino metal...) è stata una vera goduria e per il momento mi ritengo veramente soddisfatto. I Morbid Angel suonano come matti, estremissimi sebbene il sole sia ancora là a dare fastidio e il tempo sembra volare. Peccato, un gruppo veramente con ancora tanto da dire, e io attendo il nuovo album 'Never More' anche se non so quando uscirà. [ Gabriele "Anaconda" Frontini ] YNGWEE MALMSTEEN. Ritorno al Gods dell'asso svedese dopo l'esibizione di due anni fa sempre al GOM a Bologna. Spettacolo tutto focalizzato sulle prestazioni e sull'ego smisurato del chitarrista il quale, come sempre, si diverte come un matto con le sue pose, le sue piroette e gli eccessi assortiti nonostante visibili problemi d'impaccio dovuti alla stazza un po' appesantita. Ovviamente, Yngwee catalizza tutta l'attenzione mettendo in secondo piano anche la novità Ripper Owen dietro al microfono il quale, pur nella sua devastante e lancinante vena canora risulta perlopiù fuori luogo. Il contesto neoclassico non è il suo ambiente ideale. Non manca certo il puntuale problema tecnico con il suono della chitarra che ad un certo punto sparisce, ma l'esibizione strappa con merito applausi a scena aperta soprattutto per i numeri di Yngwee. Più di un assolo stravolto (a volte ne salta delle parti), ma super classici hanno fatto mandato in delirio i presenti, da "I'm A Viking" (che contiene uno degli assoli più belli mai eseguiti nella sua carriera), a "You Don't Rememebr", "I'll Never Forget"", a "I'll See The Light Tonight". Insomma, tutto quanto ci si aspettava anche se un po' più plasticoso e studiato del solito (la chitarra smantellata nel finale i cui brandelli vengono gettati in pasto al pubblico). Una garanzia. ICED EARTH. Con il ritorno stratosferico di Barlow al microfono gli Iced Earth non potevano non sorprendere. Con ogni probabilità il gruppo più in palla della giornata e, forse, della due giorni a cui ho assistito. Prestazione coesa, partecipazione piena del pubblico e Barlow in stato di grazia. Forse solo i suoni peccano di incisività soprattutto all'inizio, ma tirando le somme l'esibizione è di quelle da incorniciare complice anche, sicuramente, di una vitalità ritrovata con un nuovo disco alle porte ed il rientro inaspettato di Barlow. Jon Shaffer macina riff su riff fin dall'iniziale "Dark Saga", passando attraverso "Burning Times" fino alla conclusiva "My Own Saviour", e nella sua chitarra vulcanica si rispecchia tutto il resto degli strumentisti a partire dalla sezione ritmica che martella con precisione e potenza. Bravi tutti a tenere alta la tensione fino all'ultima nota, fino a momento dei tanti e più che meritati applausi a conclusione di un live set con i controcazzi. L'unico momento in cui la terra ghiacciata può beatamente sciogliersi: davanti al calore della folla in delirio. Arriva l'ora dei JUDAS PRIESTcon un nuovo disco già nei negozi e che certo non sta facendo strappare i capelli a chi l'ha comprato. Ma la loro storia ed il loro repertorio non basterebbero a tenere su sei ore di concerto se solo volessero eseguire tutti i classici e tutti i brani che la folla chiederebbe. Ed infatti solo due brani del recente lavoro trovano posto all'interno di una scaletta a dire il vero abbastanza anomala, ma che comunque soddisfa ed in parte sroprende. Band un po' più sulle sue rispetto alle esibizioni passate che riesce comunque ad incendiare il pubblico. Il lavoro sporco lo fa ovviamente Rob Halford che tiene alla grande il palco con mestiere sopperendo ai limiti ormai incontrovertibili della sua estensione vocale con una presenza scenica carismatica e magnetica: grandissimo il suo ingresso da un ascensore laterale della scenografia vestito da mago, cosi come quella dalla porta centrale tra le fiamme rosse delle luci, seduto su un trono durante "Death" brano tratto da 'Nostradumus", "Eat Me Alive", "Between The Hammer And The Anvil", "The Hell Patrol", "Dissident Aggressor" "Rock Hard, Ride Free", poi, se le aspettavano in pachi anche se il livello di coinvolgimento è altissimo. Ma man tutta la band comincia a carburare ed anche lo svogliato Tipton (ormai sessantenne) entra nello show presentandosi più volte ai bordi del palco. "Breaking The Law" mette sotto sopra il Parco Nord, "Painkiller" fa il doppio nonostante Halford la canti gracchiando in un simil-screaming da blackster navigato. Scott Travis terremotante. "Hell Bent for Leather", "The Green Manalishi" e "You’ve Got Another Thing Comin’" sono i tre bis che la leggenda albionica concede ad un pubblico in tripudio, e che vanno a chiudere un ottimo show (durato poco più di 100 minuti) con qualche caduta di tono e soprattutto un inizio non al massimo mentre il coro "Priest! Priest! Priest..." si alza nell'arena e le luci sul palco si spengono definitivamente, consegnando alla storia della manifestazione un'altra giornata memorabile. [ Andrea "Emo" Punzo ]

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