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DUFRESNE

Finalmente i Dufresne dal vivo! Sbarcano infatti nello loro patria gli autori di “Atlantic”, celebrato un po’ dappertutto e che li ha portati per un mese in giro per l’Europa. C’era molta curiosità dunque attorno all’evento, e alla fine ci si è potuti dichiarare più che soddisfatti. Ma andiamo con ordine. Ad aprire la serata ci hanno pensato per primi gli SHELL DIVING GRACE. La band di Rob e Vezzo, autrice di un crossover oscuro e psichedelico (e totalmente debitori a Tool e Deftones), ha da poco pubblicato l’ep “Faith And Devotion”, dal quale sono state estratti molti brani. La performance del quartetto si è dimostrata buona, anche se talvolta affossata da una presenza scenica certo adeguata al genere ma un po’ troppo dimessa, e da certe carenze di songwriting non leggerissime. A passaggi davvero validi infatti gli Shell Diving Grace hanno alternato momenti sterili e da rivedere, lasciando un pizzico di amaro in bocca. L’ago della bilancia pende verso il positivo, ma c’è ancora un pochino da lavorare. Seguono gli OLTREZONA. Reduci da una lunga pausa forzata a causa di continui cambi di line up, la band capitanata dal travolgente Sabe e dal chitarrista Spartaco (unici due superstiti della vecchia formazione insieme al batterista) ha messo a ferro e fuoco il palco del New Age come mi aspettavo. Avevo già visto i thrashcorer nostrani in azione di supporto agli Arch Enemy, e devo dire che l’impressione è all’incirca la medesima; grande, grandissima presenza scenica (soprattutto Sabe che da solo riempie lo stage, forte del carisma di un Phil Anselmo e di un’ugola carroarmato che deve tutto a Jamie Jasta) ma brani troppo scontati e poco incisivi. Gli Oltrezona radono tutto al suolo più per tenuta di palco che altro insomma, e resto convinto che anche suonassero in playback le canzonette di Cristina D’Avena saprebbero entusiasmare. Speriamo che il lato songwriting migliori, allora sì che ci sarà da aver paura… E alla fine tocca ai tanto attesi DUFRESNE (affluenza discreta, tra l’altro). Accompagnati purtroppo da suoni orribili, assordanti, saturi e incomprensibili anche a chi come me conosce bene i pezzi di “Atlantic”, riproposto quasi in toto, la band si è resa protagonista di un concerto da professionisti, da gente che è stata parecchio in giro, e si vede. “Un Fuoco Dentro”, “Baba Yaga”, “Un Lungo Sacrificio”, “Nexiest Luces” e tutte le altre cannonate metalcore di “Atlantic” hanno fatto vedere anche ai più scettici come i Dufresne meritino in pieno riconoscimenti come l’adesivo ‘consigliato da Rock Sound’ appiccicato sopra al cd. Ancora una volta, peccato per i suoni e speriamo di non dover attendere ancora così tanto per goderci un loro concerto, stavolta in condizioni sonore più positive.

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