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DEATH TO ALL

Le opinioni intorno al progetto Death To All si sono sprecate dal secondo successivo all'annuncio di questa sorta di all-star band (o cover band, se vogliamo) itinerante che ripropone, con l'aiuto di molti dei membri originari, i classici dell'intera carriera degli indimenticati Death di Chuck Schuldiner. C'è chi la trova una bieca operazione per fare cassa, e chi invece apprezza la possibilità di poter vedere quantomeno un pezzettino di Death dal vivo, ma non si può negare che ogni volta che i DTA sono in giro le folle accorrano numerosissime come questa sera a Pordenone.

Chiediamo venia per esserci persi i supporti di Carved e Bodyfarm (ma ci hanno riferito di performance più che discrete), e passiamo direttamente al pezzo forte della serata. Stasera il "cast" è composto da Gene Hoglan, Steve DiGiorgio, Bobby Koelble e il giovane Max Phelps nello scomodissimo e oggettivamente difficile ruolo di Chuck.

Proprio come l'ormai storico 'Live in L.A.' (e lasciamo perdere il fatto che sia praticamente un bootleg ufficiale; al cuor non si comanda), si parte con "The Philosopher": i suoni sono ottimi, cosa che ci fa apprezzare ancora di più la perizia tecnica del quartetto che abbiamo davanti. Se su Hoglan, DiGiorgio e Koelbe non c'erano grossi dubbi, davvero notevole è risultata la prestazione di Phelps, che sia a livello vocale, sia strumentale è risultato essere la perfetta replica di Schuldiner. La scaletta della serata è composta dai più grossi successi dei Death: "Spirit Crusher", "Symbolic", "Zero Tolerance", "Lack Of Comprehension", "Trapped In A Corner", e...serve proprio fare l'elenco? Se Phelps non proferisce una parola in tutta la serata, Di Giorgio si prende qualche secondo per ringraziare il pubblico e ricordare a tutti che si sta celebrando la musica di Chuck, niente di più, niente di meno, per poi lanciarsi in un solo di basso partendo dal tema de "Il Padrino", che sfocia in due cover degli Slayer (per la precisione "Black Magic" e "Raining Blood"), scelta a mio avviso inspiegabile e che ha tolto tempo a brani dei Death che potevano risultare più adatti e graditi, magari "Story To Tell", "1.000 Eyes" o "Scavenger Of Human Sorrow".

Con la tripletta "Zombie Ritual", "Crystal Mountain" e "Pull The Plug" si conclude un concerto che ha lasciato tutti soddisfatti, consci che "the real thing" non la si potrà mai più avere.

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