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CRYPTOPSY

Un'estate senza calura e piena di temporali, praticamente perfetta, è alle spalle. L'ora di tornare sotto un palco è arrivata ed il Traffic dopo la pausa d'Agosto, riapre i battenti nel nome del Brutal Death con il tris Disgorge, Jungle Rot e Cryptopsy. Arriviamo alle 21 circa ed il locale è già ben presenziato. Perdiamo la performance dei Fulci ma facciamo in tempo per veder salire sul palco i californiani Disgorge. La band di San Diego rappresenta una delle migliori espressioni di Brutal statunitense e dal vivo confermano tutto il loro valore. Veloci, potenti e devastanti, in venticinque minuti appena sfoderano tutta la loro ferale aggressività sonora, e quando hai un grizzly come Angel Ochoa (Cephalotripsy) come vocalist, anche la presenza scenica sul palco è garantita. Se avete presente la copertina di Cranial Impalement, beh quello è l'effetto ricevuto assistendo ad un live dei Disgorge, che nonostante la lunga assenza dagli studi (l'ultimo full-length risale ormai al 2005) si dimostrano in grandissima forma. Per la prima volta in Italia gli albionici Jungle Rot alfieri della seconda ondata di death metal anni ‘90 e capitanati da Dave Matrise (un giovane Glen Benton per via della somiglianza del ghigno satanico) che non perdeva occasione per mostrare la sua malvagità ad ogni grugnito. Gli albionici sono un'onesta death metal band con 4 lustri di rodaggio alle spalle ed è subito apparso evidente che l’anello debole della catena era il batterista che ha suonato i primi tre brani con lo stesso giro di batteria (al minimo sindacale), ciò non ha fermato il pogo sfrenato che sin dalle prime note si è creato sotto il palco, segno che più di qualcuno si era dato appuntamento per massacrarsi al ritmo del loro death metal e che oltretutto la proposta è stata gradita. Nel loro sound si udivano giri di death cadenzato alla Unleashed e primevo alla Obituary, qualche brano ha destato la nostra attenzione, facendoci fare headbanging a tutti, grazie ai riff orecchiabili e coinvolgenti al primo ascolto; ma nel complesso non ci hanno impressionato. Onesti mestieranti. (Igor Fanelli) Alle 23 circa i signori del Brutal Death canandese salgono sul palco mettendosi spalle al pubblico, e quando parte l'urlo del Damien Karras posseduto preso dall'Esorcista Pt. 3, “Crown Of Horns” ci investe con tutta la sua furia, seguita da “Back To The Worms” (And Then You'll Beg) e “Mutant Christ” dal primo 'Blasphemy Made Flesh'. Tre mazzate senza interruzione, d'altronde quando dietro le pelli c'è un mostro come Flo Mounier tutto è fattibile. Unico membro originale rimasto, è lui ha portare avanti la baracca, nonostante l'assenza di un'etichetta discografica, come ci ha ricordato il biondo vocalist Matt McGachy, il quale ci tiene a sottolineare che i Cryptopsy sono una band indipendente, che si autofinanzia dischi e tour. Nonostante il volto angelico, Matt è un grande frontman ed ha un growl spaventoso. Fuori luogo e tutto sommato ingiusto paragonarlo a Lord Worm, anche perchè quest'ultimo resta inarrivabile per il novanta per cento dei vocalist brutal esistenti. Detto questo Matt al momento è una garanzia, così come il nuovo bassista Olivier Pinard (Neuraxis) che da sfoggio della sua classe soprattutto nei vecchi classici “Slit Your Guts” e “Defenestration”. Alla chitarra invece Jon Lavasseur ha lasciato un vuoto enorme, che l'ex Alex Auburn in passato era quasi riuscito a colmare, cosa che invece non riesce ancora all'attuale Christian Donaldson, chitarrista ottimo ma non brillantissimo durante alcuni assoli. Tornando ai pezzi proposti, la scaletta è stata memorabile. Ben cinque pezzi da quel capolavoro assoluto e inarrivabile che risponde al nome di 'None So Vile'. “Crown Of Horns”, “Slit Your Guts”, “Graves Of The Fathers”, la spettacolare “Benedictine Convulsions” e “Phobophile” a concludere il live. Nel mezzo “Emaciate” e “White Worms”, l'ottima “Two-Ponud Torch” opener dell'ultimo omonimo lp, e “Worship Your Demons” dal disco della discordia 'The Unspoken King'. Spettacolo intenso e potentissimo, con l'efferatezza dei Disgorge, il groove dei Jungle Rot e la perfezione degli headliner canadesi, che pur rimaneggiati e privi di chiara identità rispetto al passato, restano una band di livello altissimo per gli standard del genere. Foto Giorgio 'Cynic' Papaleo

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