BLUES PILLS
Giovedì 11 giugno, nel pieno delle essenze arboree che circondano il Circolo Magnolia di Segrate (MI), si sono mischiate anche le essenze musicali che richiamano concreti sentori di vissuto, di atmosfere pregne di quelle sensazioni che l'esperienza di artisti che hanno calcato la scena del rock classico negli anni '60-70 ha creato e plasmato con mani sapienti. Negli ultimi anni il ricordo di quell'esperienza è tornato più vivo che mai, grazie ad una serie di artisti che, aggiungendo un tocco di modernità e contemporaneità, riprendono la lezione di autentiche icone del genere, avvolte da nuvole sulfuree e capelli ondeggianti. Ed ecco che quindi sul palco compaiono, per l'intera serata, strumenti quali tastiere Korg vecchio stile, tamburelli, maracas, chitarre che emettono sonorità senza tempo. Ad aprire le danze, in una serata piuttosto calda, ma comunque vivibile, a cavallo tra modelli vintage e bella gioventù, sono i tedeschi Wedge, che assieme a band attuali che calcano la scena dei più importanti locali e festival di genere, come ad esempio Colour Haze, Siena Root, Samsara Blues Experiment, Kadavar, Radio Moscow e molti altri, cercano di pescare a piene mani gli spunti più tradizionali del blues-rock associandole a forme e sonorità più moderne. Con il risultato di creare esibizioni coinvolgenti e convincenti, dal giusto groove musicale, e dalla buona presenza scenica sul palco.
Il trio tedesco, reduce dalla fresca pubblicazione quest'anno dell'interessante debutto omonimo, ha sfoderato una prestazione d'alto livello, in cui si sono presenziate molte sessioni musicali che hanno tenuto concentrato l'ascoltatore facente parte di un pubblico la cui maggioranza è formata da persone molto ferrate sul tema, che preferisce suoni particolarmente ricercati. Non c'è nulla di particolare da sottolineare, nel senso che tutti si sono esibiti con qualità maestria, guidati dalla voce sporca di Kiryk, supportata dalle ritmiche sostenute del giovane batterista The Holg, e dal basso del lungocrinito David, autore anche di sessioni tastieristiche dal fascino sempreverde.
Wedge setlist:
The Fight
Easy Chair
Who Am I?
Makeyerselfree
Shut Up
Push Air
'61 SG
Lucid
In mezzo al pubblico, per buona parte dell'esibizione dei Wedge, si è infilato senza particolari remore a scuotersi felicemente Keith Nickel, bassista degli Orchid, che si è degnato di scambiare qualche parola con gli appassionati prima di imbracciare il suo strumento e salire sul palco insieme ai suoi compagni californiani, fedelissimi alla linea tracciata dai Black Sabbath, e produttori quindi di un doom dal forte sapore psichedelico. Gli album da loro creati, il bellissimo "Capricorn" e il pur ottimo "The Mouths of Madness" sono fatti apposta per dimostrarlo.
La voce di Theo Mindell, come quella di zio Ozzy, mostra la stessa acidità e malvagità che si permea costante per tutta l'esibizione, sorretta dalle ottime sensazioni dei suoi compagni musicisti, che con il loro aspetto tipicamente da sporco americano dei peggiori saloon, hanno deliziato la folla di fraseggi prorompenti che spesso e volentieri hanno scosso le teste di molti presenti, soprattutto sui pezzi tratti da "Capricorn" (tra i quali la title-track molto acclamata, "Eyes Behind the Wall", "Black Funeral", "He Who Walks Alone"), che sin dalle prime note hanno fatto subito breccia più di quelle tratte dall'album seguente, e di qualche nuovo pezzo del prossimo disco in uscita a luglio 2015. Un'esibizione molto molto positiva, che assieme a quella precedente dei Wedge assume da antipasto ideale per lo show degli headliner.
ORCHID setlist:
Helicopters
Mouths of Madness
Eyes Behind The Wall
Sign of The Witch
Capricorn
Silent One
John The Tiger
Black Funeral
He Who Walks Alone
Da qualche tempo c'erano molte aspettative sull'esibizione live di una band che, appena 18-19enni hanno sfornato nel 2014 il disco omonimo di debutto che è risultato essere un vero gioiello di classic rock dal sapore vintage, acclamato da critica e appassionati, grazie al talento immenso ed alla classe cristallina dei musicisti. La band in questione sono i Blues Pills, con quartier generale in Svezia e al loro esordio dal vivo in terra italiana, in cui spicca senza dubbio il fascino sfolgorante della giovanissima Elin Larsson, a detta del sottoscritto potenziale erede della "Rosa del Rock" Janis Joplin, grazie alla sua voce già navigata e matura per la sua età, e ad una padronanza del palco da lasciare senza fiato. Appena saliti sul palco, attaccano con la doppietta "High Class Woman"-"Ain't No Change" e si nota che, nonostante la grinta di Elin che si tarantola sul palco con i suoi ipnotici movimenti e i tocchi di chitarra leggeri ma efficaci del "bimbo d'oro" Dorian Sorriaux, non riescono a trasportare in maniera totale il pubblico a causa di una resa acustica soprattutto del basso di Zack Andersson che sovrasta in maniera evidente l'operato della coppia Larsson-Sorriaux. Questo problema pregiudica soprattutto la prestazione vocale di Elin, che nonostante ce la mettesse tutta e mostrasse le sue doti, si è avuta come la sensazione che tendesse ad esporsi in maniera eccessiva, con il risultato di non catalizzare totalmente l'attenzione del pubblico con la stessa efficacia di quella che, al contrario, ha ottenuto osservando la sua danza da giovane posseduta, in balia degli arpeggi di Dorian. Questo fattore tende a protrarsi, seppur a sprazzi, fino a metà show, coincidente con la struggente "No Hope Left For Me".
Da quel momento, la resa acustica del basso si perfeziona, con la conseguenza dell'aumento del livello qualitativo, e prende corpo l'esibizione che ci si doveva aspettare, ovvero un'esibizione folgorante, luccicante, assolutamente priva di qualsiasi inibizione, che mette in mostra le qualità indiscusse della band. I passaggi dirompenti a ritmo di rock di "Elements and Things" ci fanno entrare in tunnel floreali maestosi, con la band che assume perfetta sintonia, ed il blues-rock di "Black Smoke" si mostra in tutta la sua pulizia e forza interpretativa massiccia. E la pausa prima del bis finale si rivela decisiva per la resa finale dello show, nel quale la voce di Elin ne esce assolutamente rinforzata e intrisa di influssi magici. Il risultato è l'interpretazione in acustico di "Yet to Find" assieme a Dorian, e la strabiliante vocalità senza fine di Elin, susseguita dall'hard rock'n'blues deciso che accompagna "Devil Man", il pezzo di gran lunga più famoso dei Blues Pills. Tra l'altro si è sentito parlare di turbolenze improvvise degli aerei della vicina Linate a causa delle onde sonore propagate dalla sua ugola.
Nel complesso, i Blues Pills lasciano il palco del Magnolia dando in eredità una prestazione sicuramente molto buona, da sommarsi senz'altro alle sensazioni positive emanate da Orchid e Wedge in precedenza, ma che purtroppo non rimarrà negli annali dei concertoni della madonna, a causa proprio di quelle piccole pecche acustiche che hanno pregiudicato un'esibizione altrimenti superba soprattutto nella prima parte, e che non hanno permesso al pubblico di effettuare quel viaggio musicale verso il paradiso. Promossi, ma con una piccola riserva, aspettando un loro ritorno possibilmente in una location (magari indoor), dove la qualità degli impianti faccia emergere le sconfinate qualità della band, che ha tutto il futuro dalla loro parte.
BLUES PILLS setlist:
High Class Woman
Ain't no Change
Astralplane
Dig In
Bliss
No Hope Left For Me
Time Is Now
Little Sun
Elements And Things
Black Smoke
Yet To Find
Devil Man
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