BLOOD CEREMONY
Sapori di intenso doom vecchia scuola si sono elevati nella piccola, ma accogliente atmosfera del Legend Club Milano, venerdì 22 aprile. Un doom che ha fatto accorrere nella location milanese i veri appassionati del genere, per dare vita ad uno show dai valori musicali sicuramente interessanti, che sa mescolare tenacia metallara e sensazioni forti, aggressività sbattuta in faccia e misticismo puro. Il tutto made in Rise Above Records, la creatura di Lee Dorrian che sa ampiamente il fatto suo in termini di scelta degli artisti e di cattura di sensazioni positive.
Coloro che tengono fede ad un doom più pesante, figlio delle lezioni soprattutto di Pentagram e Cathedral, sono stati i californiani Beastmaker, che in una quarantina di minuti circa di esibizione hanno sfornato una degna prestazione musicale, facendo mantenere l’ascoltatore con l’espressione ben interessata. Da notare soprattutto la poderosa di Andres Saldate alla batteria, il quale ha trattato il suo strumento con forza e decisione, maltrattandolo positivamente e tenendo coerentemente il ritmo a supporto dei restanti membri. Sicuramente i Beastmaker hanno acquistato nuovi fan dopo questa performance, carica ed intensa, con una discreta prova vocale del chitarrista e voce principale Trevor William Church, che sebbene non sia stato espressivo per intero, ha cercato comunque di tenere botta grazie ad una prestazione musicale complessiva comunque dignitosa.
Dall’aggressività tendente alla sana ignoranza dei californiani, quasi di un botto ci si sistema di tutto punto per assistere al cerimoniale di una tra le band che fanno della ricerca dell’occulto e del prendere per mano l’anima dell’ascoltatore per condurla in sinistri posti densi di miti e leggende il loro pane quotidiano. I canadesi Blood Ceremony sono tra le più importanti ed apprezzate band di doom occulto presenti in circolazione, che prendendo spunto un po' da Black Sabbath, un po' dai Doors, un po' dai Jethro Tull, e da tutta la scena doom che dalla fine degli anni '60 si è propagata fino ad oggi, hanno sfornato album, tra i quali il fresco ‘Lord Of Misrule’, densi di emozioni e flussi magici. Merito in particolare del supremo talento artistico dell’ancella Alia O’Brien, che bardata di organo Nord Electro, flauto traverso sorgente di psichedelica profonda, e presenza ancestrale proveniente da altre dimensioni, fa capolino sul palco del Legend assieme ai suoi sodali, suscitando l’apprezzamento della folla. Sorretti da una resa sonora ed acustica degna del loro nome anche nelle prime file, i Ceremony sfoderano un rito ossianico pressoché totale, con la sacerdotessa di Toronto che cattura gli sguardi degli astanti con le sue espressioni figlie di un’eterna possessione, e con la sua voce colma di misticismo e di atmosfere notturne. La sua prestazione, come quella degli altri membri, è di livello molto alto, con Alia a tenere le fila, e in particolare con il basso di Lucas Gadke che si fa ampiamente sentire in maniera convincente, battendo tempi movimentati e trasportando l’ascoltatore su montagne russe mentali.
I Blood Ceremony hanno spaziato nella loro intera discografia in modo considerevolmente vario, non privilegiando quindi l’ultimo ‘Lord Of Misrule’, e dando ad ogni brano una caratura artistica superiore e creando per ciascuno un mondo a sé, in cui l’ascoltatore vi si immerge e balla, balla, balla senza fine, perché la fine non ci deve essere. Uno show interamente coinvolgente, emozioni dall’inizio alla fine, facce soddisfatte a fine concerto, tutti a congratularsi con la band che si rivolge verso i loro sostenitori in maniera assolutamente tranquilla e cordiale, con Alia O’Brien da subito e sempre disponibile. Un degno cerimoniale di una degna band.
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