Amaranthe
Tappa anche italiana per gli svedesi Amaranthe, che negli ultimi mesi hanno riscosso un successo più che discreto grazie all’ultimo lavoro ‘Massive Addictive’. I nostri non hanno mai fatto il vero botto (e a giudizio di chi scrive se lo meriterebbero tutto) nonostante il successo crescente e una tripletta di dischi validissimi, ma a giudicare dai presenti di stasera, perlopiù giovanissimi e superfan, Olof e soci hanno poco di cui lamentarsi. Ad aprire la serata targata Scandinavia ci sono i finlandesi SANTA CRUZ, autori di un glam moderno ma dall’immagine assolutamente anni ’80 con capelli platino cotonati e chi più ne ha più ne metta. La proposta dei biondi nordici è forse un po’ fuori target ma i passaggi più moderni risollevano la reazione del pubblico, che raggiunge il culmine con la hit ‘Nothing Compares To You’. I Santa Cruz scendono dal palco tutto sommato vincitori, ma non so quanto siano rimasti impressi nelle orecchie e nel cuore dell’audience.
Ci muoviamo su territori più interessanti con gli ENGEL, che da progetto saltuario del talentuoso Niclas Engelin (ora full time con gli In Flames) sono una vera e propria band che sforna dischi con regolarità. E che dischi, aggiungo, visto che l’ultimo ‘Raven Kings’ rasenta il capolavoro. Assodata l’assenza del mastermind Niclas, che agisce nell’ombra componendo e registrando ma non apparendo dal vivo, il quartetto guidato da Mikael non fa prigionieri e pescando dal già detto ‘Raven Kings’ e dall’altrettanto ottimo ‘Blood Of Saints’ impartisce una lezione di death svedese come Dio comanda, pur se penalizzati da suoni migliorabili. La partecipazione del pubblico è notevole e gli Engel possono dirsi soddisfatti; noi anche, poiché abbiamo potuto gustarci una band che si vede raramente e che meriterebbe molto più giro.
Su una intro futuristica e coinvolgente che scandisce i nomi dei componenti, gli AMARANTHE salgono sul palco accolti dal boato del pubblico (che riempie il locale circa a metà) e partono con ‘Digital World’. All’inizio i suoni sono piuttosto scarni, si sentono solo basi, rullanti e voce, ma subito si nota come il gruppo sia ben rodato e soprattutto la voce dell’affascinante Elize, che oltre a esibirsi in mosse degne di Jem (esatto, quella del cartone animato) si dimostra umilissima, quasi timida, in modo inversamente proporzionale al talento dimostrato. In effetti chi sospettava, e alzo la mano, l’uso di trucchetti vari in studio ha dovuto ricredersi totalmente di fronte all’ugola della cantante svedese, che ha eseguito alla lettera ogni passaggio, compresa ‘Dynamite’ dove si raggiungono altezze oggettivamente impervie. Elize a parte, gli Amaranthe sono in ottima forma, divertono, si divertono e impostano una setlist che comprende tutte e dico tutte le hit, compresa ‘Amaranthine’ fatta cantare in parte al pubblico. Forse trascurabile l’assolo di batteria di Morten, unico neo della scaletta, ma pezzi come ‘Razorblade’, ‘Electroheart’, ‘Automatic’ o ‘Afterlife’ fanno muovere il culo anche se non si vuole grazie a melodie vincenti e una struttura squisitamente pop. Promosso anche il preciso Olof alla chitarra, peccato solo per Jake E che pur ineccepibile è risultato poco mobile e poco coinvolto. Sarò di parte, ma personalmente non mi divertivo così a un concerto da tempo.
Commenti