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WEDGE

Come moltissime band e realtà del rock underground mondiale, anche i berlinesi Wedge hanno dovuto fare i conti con l'attuale emergenza sanitaria. La mancanza di potersi esibire dal vivo e promuovere a pieno regime i propri prodotti pesa, sia economicamente che artisticamente, sulle loro attività. Nonostante ciò, quello che si apprezza maggiormente di una band underground è il fatto di rimboccarsi le maniche ad ogni sorta di difficoltà, cercando sempre di orientarsi verso il lato positivo delle cose. In questo modo, i Wedge hanno dato alle stampe il loro terzo album 'Like No Tomorrow', il cui titolo sintetizza perfettamente la loro prospettiva, una volta messa da parte quest'emergenza: la voglia di poter spaccare tutto una volta finalmente liberi. Abbiamo chiacchierato con il cantante e chitarrista Kiryk Drewinski del nuovo lavoro e della voglia di ricominciare.

Ciao Kiryk, e benvenuto su Hardsounds.it. Come state passando questo difficile periodo? Siete riusciti a rimanere concentrati sulla vostra arte, nonostante le difficoltà? Fare concerti e registrare canzoni sono solo due delle cose che appartengono al vasto range di attività che produce una band indipendente come noi. Sicuramente, queste due cose sono venute meno, come sono venute meno le finanze e l’aspetto emotivo. Tuttavia, ci sono molte cose che siamo riusciti a fare in questo periodo, come ad esempio preparare l’uscita del nuovo album con tutto il lavoro promozionale che ne consegue. Quindi, la pandemia non ci ha bloccati del tutto; al contrario, siamo riusciti a fare delle cose che, solitamente, posticipavamo a causa dei tanti impegni in tour.

Come si è sviluppata la promozione del vostro precedente album ‘Killing Tongue’? Da quell’album sono rimasti degli spunti che avete trovato essenziali per costruire ‘Like No Tomorrow’? Noi siamo prima di tutto una band live, e quindi trattiamo gli album in studio come una maniera di documentare i nostri live set, come una sorta di diario. Alcune canzoni che non hanno fatto parte del precedente album a causa della mancanza di spazio, possono essere inserite in quello successivo e così via. Ma sicuramente, esiste anche l’aspetto dell’album come un lavoro indipendente, a sé, a cui siamo ugualmente devoti ed affezionati. A questo proposito, inseriamo sempre le più recenti tracce live con quelle che sono finalizzate a rendere più funzionale il concetto dell’album. E quindi, possiamo scegliere all’interno di una vasta varietà di brani da inserire in ciascun album. Accumuliamo costantemente canzoni, in parole povere, cosicché appena arriva il momento, abbiamo la scelta più vasta possibile.

Un sodalizio con Heavy Psych Sounds che sembra ogni volta più forte. Qual è per voi la loro caratteristica fondamentale per credere sempre nel loro lavoro? Heavy Psych Sounds è stata la prima label a darci la possibilità di portare la nostra musica alla gente. Sono leali e non cercano di trattare un certo tipo di musica che a loro non piace. La loro selezione è sempre stata autentica, sin dall’inizio. Nonostante la loro crescita, le loro decisioni sono sempre rivolte alla musica che vogliono supportare. Non è una cosa da sottovalutare, ed è per questo che li apprezziamo.

La copertina del disco, un estintore nel bel mezzo delle fiamme, sembra anticipare contenuti festaioli. Ma leggendo la spiegazione delle tematiche, la direzione sembra essere molto diversa. Non è così? (ride) Beh, possiamo sicuramente interpretare in maniera umoristica il significato della copertina, ma probabilmente solo fino a quando non ti trovi in una situazione dove tutto intorno a te va davvero a fuoco, compreso l’estintore nella stanza. Per noi, l’immagine di copertina sintetizza una sensazione che abbiamo accumulato durante quest’ultimo anno segnato dalla pandemia. Una sensazione che, comunque, era ben presente anche prima. Il riscaldamento globale, l’ascesa delle teorie cospirazioniste di ogni tipo trainate dai social network, la polarizzazione politica e sociale sempre più netta, le fake news, la mancanza di leggi giuste, ecc,; tutto questo ha contribuito a produrre questo sentimento. Il mondo sembra immerso in questo 'fuoco‘ e a volte, quando riesci ad uscirne, sembra sempre troppo tardi.

Tra l’altro, lo stile grafico riprende quanto fatto con ‘Killing Tongue’. Avete trovato quindi una vostra dimensione a livello d’immagine? Sono un disegnatore grafico, oltre ad essere il cantante e chitarrista della band. Fin dall’inizio, arte e musica sono state sempre connesse nel mio personale mondo. Quando la mia prima band ha avuto bisogno di un poster per il loro primo concerto, sono stato entusiasta di farlo a causa del mio amore per il disegno, e questo percorso si è progressivamente stabilizzato. Oggi posso ritenermi abbastanza fortunato nell’intraprendere entrambe le mie passioni in maniera professionale. Disegno cover di album, poster e tutto ciò che serve a rappresentare band, etichette, festival, ecc. Nei miei lavori si possono trovare dei collegamenti a nomi come Blues Pills, DeWolff, Baby Woodrose, Radio Moscow, ecc., ma anche gruppi classici del rock come Vanilla Fudge, Brian Auger, The Seeds, The Electric Prunes, The Pretty Things, ecc. Ovviamente, sono completamente responsabile degli artwork per i Wedge.Penso che lo stile psichedelico derivante dagli anni d’oro del rock si adatti bene alla nostra musica ed alla nostra immagine, e inoltre dà alla band un proprio profilo e una propria riconoscibilità. Questo è stato il caso dei nostri ultimi due album. Fin da ‘Killing Tongue’ ho sempre disegnato dei prodotti speciali pe le edizioni limitate dei dischi, come poster, adesivi, copertine alternative, ecc. Questi lavori sono disponibili per i fans della band e per i collezionisti di vinili che ordinano i nostri LP esclusivamente tramite il nostro sito web. A tal proposito, vi invito a visitare il nostro sito, qualora siate interessati a questi particolari lavori, oltre che alla nostra musica: www.WEDGEband.com/media

Nel nuovo disco, a mio parere, si sente in maniera maggiore rispetto ai precedenti l’uso di sonorità ed atmosfere davvero vintage, attraverso l’utilizzo notevole di strumenti quali tastiere ed hammond che rispecchia molto il sound dei decenni andati. Questo percorso è stato tracciato in modo del tutto naturale e spontaneo per voi? I quattro elementi base del nostro sound sono da sempre chitarra, basso, batteria ed organo, fin dal nostro primo album. Naturalmente, questi elementi ci danno un suono vintage, specialmente da quando ci piace utilizzare vecchi effetti fuzz per chitarra e basso, ed a volte anche per altre cose. A parte ciò, non ci preoccupiamo mai se il prossimo album suonerà “old”. Tutto il nostro sound vien da sé, e non è frutto di un processo ragionato, ma è semplicemente frutto delle nostre influenze per questo tipo di musica. Abbiamo semplicemente delle determinate idee su come un buon disco dovrebbe suonare, riempito dal sound che conosciamo ed apprezziamo dai nostri dischi preferiti.

Un discorso simile lo si può dettare anche per la tua voce, piena di calore sostanzialmente tendente al blues. In ‘Like No Tomorrow’, come si inserisce la sua voce all’interno della scrittura della canzone? Quando scrivo dei brani, spesso non solo io ho una melodia in testa, ma anche la band al completo, che poi inserisce diverse parti di chitarra, diverse linee di basso, diversi pattern di batteria e quant’altro. Mi piace inoltre pensare che la voce sia uno specifico strumento che contribuisce all’intero lavoro, un altro livello audio che interagisce con gli altri. Non ho mai pensato a me stesso come un vocalist fatto e finito, e penso anche che le influenze vocali vengano dai miei ascolti abituali. Mi piacciono molti stili diversi di cantare, e il blues è chiaramente uno di questi.

Se avessimo davanti un vinile di ‘Like No Tomorrow’, entrambi i lati iniziano con pezzi pieni di adrenalina come “Computer” e “Queen Of The Night”. La collocazione di questi pezzi è stata quindi ragionata mettendo subito in risalto la vivacità dell’album? Ci piacciono i brani di apertura che ti indirizzano nella giusta direzione, ed apprezziamo le vibrazioni positive che gli ascoltatori ricevono da questi brani. Per noi, le prime impressioni contano. Se il primo brano di un disco, o di un lato del disco, fosse il ragazzo che ti accompagna ad una festa, vorresti che lui non sia una specie di pigrone. Noi siamo una band rumorosa, energica e molto del nostro DNA è fatto di queste veloci sfuriate rock. Questo è quello che realmente facciamo dal vivo, e che lo traduciamo tale e quale nel disco. Sicuramente, abbiamo anche delle canzoni più leggere, che sono essenziali per creare un contrasto con i brani più rock, ma questi ultimi hanno di diritto il loro posto assegnato.

A chiudere il cerchio formato da canzoni di media durata, dirette ed immediate, c’è “Soldier”, che con i suoi nove minuti è finora il brano più lungo della vostra discografia. Un brano tutti in cui voi vi esprimete al massimo, a cavallo tra atmosfera e potenza. Ci potete dire qualcosa di più su questo brano? Dal vivo, questo brano è ancora più lungo, ed è trattato come una lunga jam session, specialmente all’inizio ed alla fine del brano. Ovviamente, per inserirlo nel disco lo abbiamo dovuto tagliare. “Soldier” è un brano da intendersi come un invito a venire ai nostri concerti, dove spesso le canzoni possono suonare in maniera completamente diversa rispetto al disco. In parole povere, su disco “Soldier” è un assaggio di come poi viene suonata dal vivo; suonarla live è una nostra grande passione. L’abbiamo inserito alla fine del disco un po’ perché, solitamente, le canzoni di questo tipo si inseriscono bene in quello spazio, ma anche per le ragioni dette prima: nel migliore dei casi, quando ascolti l’album fino alla fine, immediatamente ti sembra di aver sentito la band direttamente dal vivo. Attualmente, non è per nulla facile suonare dal vivo in questo periodo di pandemia, e dovremo probabilmente pazientare ancora un po’. Ma quando tornerà quel momento, vorremmo prepararci al meglio per divertirci come se non ci fosse un domani.

Nonostante voi abbiate calcato dei palchi anche piuttosto grandi e importanti, sembrate rimanere sempre un trio che ama stare sempre insieme e suonare per pura passione. Quale dimensione pensate sia la più adatta per voi, anche nel futuro? Ci sentiamo a nostro agio suonando sia in piccoli e fumosi club, sia sui palchi dei grandi festival. Entrambe le location hanno i loro vantaggi. È un fatto fisico, ad esempio, che i vecchi amplificatori a valvole per le chitarre suonino molto meglio quando hai la possibilità di sfruttarli al pieno delle loro potenzialità. Sui palchi grandi è inoltre possibile avere il sound che preferisci senza far scoppiare la testa al pubblico. Allo stesso tempo, i piccoli locali ti danno l’opportunità di poter far saltare la testa dalle spalle del pubblico.

C’è un aneddoto particolare che sintetizza il vostro stare insieme, e la vita on the road? Oh certo, ci sono molte storie che abbiamo vissuto, la maggior parte ci hanno fatto divertire un sacco. Sfortunatamente, le migliori sono quelle che non possiamo rivelare al pubblico. Molte di queste sono circondate da una sorta di nebbia colorata, che tende a mantenere in egual misura ricordo e realtà. Ti invitiamo a stare con noi nel nostro prossimo tour; potrai vivere l’esperienza di nuove storie dal vivo insieme.

‘Like No Tomorrow’… E se invece ci fosse realmente un domani, come sarebbe per i Wedge? Oh, siamo convinti che ci sarà un domani! Non vediamo l’ora di contribuire alla colonna sonora di ciò che speriamo sarà l’era post-Covid e celebrare la vita con tutti voi COME SE non ci fosse un domani. Se c’è una cosa che abbiamo imparato da questo recente periodo, è che non sappiamo mai quello che ci riserva il futuro.

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