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PARADISE LOST

Quando le tenebre lentamente cadono, e la malinconia prende il sopravvento fino a vincere le nostre resistenze, ecco che come un monumento mastodontico si ergono a testimoniare i nostri turbamenti con il loro sound carico di pathos. I Paradise Lost, da venticinque anni a questa parte, sono tra i padrini indiscussi del gothic-doom metal internazionale, e a quel filone hanno deciso di ritornarvi con affetto e con verace gusto, prima con l'album 'The Plague Within', ed ora con l'imminente nuovo lavoro intitolato 'Medusa'. Un album che chiarisce in maniera indelebile la loro posizione all'interno del panorama metal. Del nuovo album, delle tematiche affrontate, e di numerose altre questioni abbiamo avuto l'onore di poter confrontarci con il chitarrista Greg Mackintosh, per una lunga chiacchierata sotto il caldo sole primaverile di Milano, non proprio il clima adatto per le loro sonorità.

Ciao Greg, e benvenuto su Hardsounds.it. E’ un onore per me e per noi poter scambiare due parole con musicista di grande levatura. Prima di tutto, parliamo del fatto che il nuovo album segna il nuovo accordo con Nuclear Blast. Ti chiedo cosa ti ha convinto di più in questa label in modo da poter firmare un accordo, e se queste caratteristiche mancano in una label come la Century Media? Penso che ad una label come Century Media non manchi nulla, è e rimane una grande etichetta discografica che raccoglie un grande quantità di fan e di sostenitori della musica metal. La ragione per cui ci siamo allontanati da Century Media verte su due fattori: il primo è l’influenza della Sony all’interno di Century Media, con tutti i suoi obiettivi e le sue visioni sul mercato discografico, ed abbiamo notato come ci sia una sostanziale differenza tra le persone coinvolte in Century Media e quelle coinvolte in Sony. Il fatto di avere di fronte delle persone vicine a Sony ci avrebbe portato ad una situazione difficile legata semplicemente a correnti di pensiero, e così abbiamo deciso di accordarci con Nuclear Blast. Il secondo fattore è stato semplicemente che noi avevamo bisogno di cambiare, nonostante come detto la squadra di Century Media è formata da persone fantastiche, e credo sia stata la scelta migliore per i Paradise Lost.

Penso che comunque voi rimaniate ancora amici ed in stretta sintonia con i ragazzi di Century Media? Assolutamente sì. Sono e rimangono nostri grandi amici, ancora per molto tempo. Io nutro profondo rispetto sia per le persone addette ai lavori, che per i fans più puri ed onesti, perché sono persone davvero genuine.

Come mai avete scelto la figura mitologica di Medusa come manifesto nel nuovo album? E’ una storia piuttosto strana, perché non è solamente un fatto di trovare delle determinate parole nella mia mente, come per esempio ‘Medusa’, e di scrivere poi delle canzoni.  È più che altro un meccanismo per trovare determinati significati a queste parole. In questo caso, non è tanto il suo significato mitologico, quanto il concetto di nichilismo che si cela dietro questa figura, un concetto che si sta concretizzando molto nel mondo attuale; ‘Medusa’ è forse una metafora che spiega tutta la merda che c’è in questo mondo, e che è spiegata molto nei testi.

Trovate nel mondo attuale, nella società di oggi e tra le persone che incontriamo tutti i giorni delle personalità anche importanti che possano in qualche modo immedesimarsi a questo personaggio mistico? Dipende dalle persone che incontri. Personalmente, non ho incontrato e conosciuto tante persone che possono immedesimarsi in questa figura. Ma leggendo e ascoltando le notizie attuali, si nota ampiamente quest’attitudine nichilista, come è successo ad esempio con i fatti terroristici di Manchester di qualche giorno fa, ed in generale di cosa sta succedendo di negativo e di tragico in molte parti del mondo.

Copertina di 'Medusa', in uscita il 1 settembre per Nuclear Blast Records

Da ‘The Plague Within’ sono passati circa due anni. Questo lasso di tempo, secondo me, è segno di profonda determinazione nel voler comporre musica, e quindi di un’ispirazione che non è mai calata. Come del resto, anche negli anni passati avete avuto una frequenza piuttosto costante nella pubblicazione degli album. Com’è avvenuto il processo di composizione dell’album, e se il senso d’ispirazione è uguale a quello che avete avuto nei periodi precedenti? La scrittura di ‘Medusa’ e quella di ‘The Plague Within’ sono diverse rispetto a quelle che abbiamo fatto in passato. Quando ho iniziato a scrivere le musiche per ‘The Plague Within’ ho voluto cambiare ciò che avevo fatto fino a quel punto, perché ho voluto approcciare dei modi più veloci ed intuitivi per comporre musica. Ho voluto provare, assieme a Nick, delle voci growl, delle voci pulite, delle voci più soffuse, altre più profonde, qualunque cosa. E tutte queste tipologie di voci le abbiamo usate per costruire insieme differenti tipi di canzoni. È stato molto interessante scrivere, in maniera piuttosto veloce e spedita, tutto questo materiale e provare questa diversità di cose. Prima di questi due album, tendevamo a scrivere una canzone per volta, dall’inizio alla fine, fino a che non fosse conclusa. Non dico che fosse un metodo sbagliato, ma non ti permetteva di fare molte variazioni; quando una canzone era finita, rimaneva così. Invece, su ‘The Plague Within’ e su ‘Medusa’ abbiamo speso molto tempo con quelle determinate canzoni per fare in modo che fossero registrate al meglio, grazie al fatto di poter fare variazioni e muoverci intorno alle canzoni, provando a intercambiare vocalità e stili diversi. Questo, per me, è una maniera positiva di fare songwriting quella attuata negli ultimi due album.

Come sound sembra ci sia un senso di continuità soprattutto con il precedente ‘The Plague Within’, con in più una potenza ritmica maggiore, nonché con un importante contributo di Nick Holmes alla voce, espressiva come non mai. Penso sia di buon auspicio anche per i vostri fan che vorranno vedervi live. Oh, guarda, lo spero davvero. Gli ultimi due album sono album dalle sonorità piuttosto lente, molto vicine al doom metal. L’ultima canzone che ho scritto per ‘The Plague Within’ è stata “Beneath Broken Earth”, che è una canzone molto molto lenta, ed è poi diventata la mia canzone preferita di quell’album. E mi è piaciuto continuare questo tipo di comporre della musica doom metal che possa riempire tutto l’album. D’altro canto, quello che vorrei dire ai fans, e quello che penso io, è che come stile ‘Medusa’ si avvicina molto ad album come ‘Gothic’ e ‘Shades Of God’, che sono album che come sound sono davvero dei pugni in faccia, dei veri album gothic-doom. Credo che la gente non menzioni altri album al di fuori di ‘Gothic’, ‘Icon’ o ‘Shades Of God’ riguardo alle preferenze di sonorità.

Quindi il sound di ‘Medusa’ è una sorta di ritorno al passato? In un certo senso sì, ma non in assoluto. È piuttosto un ritorno alle atmosfere del passato che hanno connotato quegli album, ma l’intento principale di ‘Medusa’ è quello di comporre delle canzoni nel modo migliore possibile, sfruttando le nostre abilità nel creare buona musica e le migliori canzoni possibili.

Ti chiedo quindi se questa è ormai la direzione principale che intraprenderete anche nei lavori futuri? Non lo sappiamo, la nostra mente è in continuo cambiamento. Durante questi anni, ed in particolare negli ultimi, il nostro pensiero si è mutato radicalmente, ed in pratica ci basiamo sempre ad una visione del mondo e di quello che siamo come dei precisi “snapshots”, che raffigurano ciò che vediamo e viviamo in quel preciso istante. Quindi, in futuro non sappiamo che visioni avremo, perché come detto il pensiero cambia di continuo.

Ancora una volta si sente il tuo tocco distintivo, si sente la tua chitarra piena di vigore e di rispetto. Ti chiedo se il tuo modo di suonare è rimasto intatto rispetto agli anni precedenti, o se per quest’album ha adottato tecniche e suoni particolari che ti hanno reso maggiormente distintivo? Penso che il sound principale, nonché quello armonico, è molto distintivo ed è lo stile che voglio che emerga. Penso che, per quanto riguarda la chitarra ritmica e i riff che ci sono nel nuovo album, ho provato a produrre un’armonia musicale continua tra la chitarra solista e quella ritmica, a differenza di un album come ‘Tragic Idol’ dove queste due componenti erano piuttosto separate. In ‘Medusa’ invece ho cercato di costruire un equilibrio tra le chitarre, non ho cercato di interpretare un bianco ed un nero, bensì una scala di grigi che fosse il più possibile fluida e che permea tutto il disco. Specialmente nella prima traccia, “Fearless Sky”, queste differenze tra solista e ritmica praticamente non si notano per nulla.

Greg Mackintosh, e sullo sfondo Aaron Aedy, durante le registrazioni di 'Medusa'

Ho scelto alcune determinate canzoni di ‘Medusa’, per esempio una è “No Passage For The Dead”, che esprime sostanzialmente il principio che la vita vada vissuta completamente ed in modo pieno, dato che voi pensate che non ci sia una nuova vita dopo la morte. Ti senti soddisfatto della tua esistenza, e se ci sono dei momenti che vorresti rinnegare? Sono soddisfatto di molte cose che ho fatto. Ho avuto successo, e il successo provoca felicità, giusto? Il successo porta denaro, porta fama e popolarità, in generale il successo è felicità. Certo, mi sento felice se penso alla maggior parte della mia vita, ed anche in questo momento. E quindi, non so pensare a cosa abbia ancora bisogno, perché sono già felice e soddisfatto di come sto vivendo.

Un’altra canzone di cui vorrei parlarti è “Gods Of  Ancient”, che parla delle differenti tipologie di culto: il culto pagano, il culto religioso classico, il culto verso gli elementi naturali, che è quello a cui credete maggiormente (secondo la visione di Nick Holmes)…Attenzione, non è proprio il culto a cui crediamo maggiormente, perché gli elementi della Natura rappresentano molto più di un culto; bensì è la realtà delle cose, sono elementi che vedi con i propri occhi, puoi toccarli con mano, e non sono il frutto dell’immaginazione. Inoltre, non siamo d’accordo riguardo la religione, perché è solo una delle tante forme di controllo delle persone, come quando si formano in grandi gruppi che credono in qualche entità. “Gods Of Ancient” parla proprio di non imparare dal passato e dagli dèi antichi, e sono dei culti religiosi che non dovrebbero neanche esistere, ma deve invece prevalere la libertà di pensiero. Quando, per esempio i bambini crescono seguendo un culto religioso, tendono al contrario a pensare per sé stessi e seguendo un disegno che dall’alto è già stato costruito per loro. Ma io penso che ci sia un mondo migliore, basato sulla natura delle cose e degli elementi. 

Che impatto hanno avuto la natura e la religione nella vostra musica? Io penso che, in generale, la religione abbia influenzato la creazione di fantastici artwork e di una fantastica letteratura che è entrata nella storia. D’altro canto, soprattutto nella musica, è solito associare le tematiche religiose alla figura del Diavolo, in particolare dal punto di vista iconografico, con la rappresentazione di una serie di croci, di icone, ecc. che nella cultura generale e nell’attuale modo di pensare sono figure trattate come anti-religiose, ma se guardiamo l’iconografia come pura forma d’arte si rivela molto potente. E’ un modo per rendere ironica una corrente comune di pensiero.

Le vostre tematiche oscure, non solo nell’album nuovo ma anche in quelli precedenti, hanno creato nei vostri sostenitori un senso piuttosto particolare, come se fosse un senso di liberazione mentale e corporea. Anche voi, mentre eseguite i vostri pezzi, provate questa sensazione? Sì, può capitare. Amo lavorare in studio, dove creo musica e mi piace il feeling che si crea e si percepisce mentre produco le canzoni. Se tutto ciò contribuisce a dare un senso alla nostra vita? Dipende da come interpretiamo determinati momenti della nostra vita, perché molte volte si crea un bel mood mentale ascoltando diversi tipi di musica, che sia musica classica, piuttosto che doom metal, per esempio. Penso di poter affermare che, ascoltando sia il genere che suoniamo che altri generi, si possa creare una sensazione interiore piacevole che renda liberi tutti noi.

Immagino sempre che il vostro miglior album è ovviamente quello appena prodotto. Ti chiedo comunque qual è l’album che sentite più vicino alle vostre emozioni ed ai vostri stati d’animo principali? Beh, certamente, altrimenti non ci sarebbero ragioni per andare avanti. Scherzi a parte, è piuttosto complicato. Perché ci sono due lati sostanziali nella carriera dei Paradise Lost: un lato caratterizzato da album come ‘One Second’, dove penso ci siano alcune grandi canzoni, ma dalle atmosfere parecchio diverse rispetto all’altro lato della nostra carriera caratterizzato da album come ‘Shades Of God’. Detto questo, mi piacciono entrambi i lati, nonostante siano molto diversi. Il nuovo album è più vicino a ‘Shades Of God’, ma nonostante questo mi rende molto difficile dire quali siano le atmosfere musicali che mi avvicinano di più, perché sia ‘Shades Of God’ che ‘One Second’ mi piacciono molto entrambi.

Nick Holmes, durante le registrazioni di 'Medusa'

Come consideri la tua carriera all’interno di una tra le più importanti band metal britanniche e non solo? C’è qualche episodio che più di ogni altro sancisce la storia di questa band? Guarda, sono successe diverse cose belle durante gli anni. Per esempio, quando abbiamo pubblicato ‘Icon’ sapevamo che tutto sarebbe cambiato, che avremmo partecipato a show televisivi, piuttosto che menzionati in magazine musicali. Era diventato tutto strano e surreale per noi che eravamo solamente una semplice band metal, anche se in noi cresceva la consapevolezza di essere arrivati al posto giusto nel momento giusto, quando magari potevi stare al fianco di autentici eroi del metal come Ozzy Osbourne, che incontri per la prima volta e dovevi stare attento a non commettere errori, ma solamente esclamare: “Oh Gesù, sono con Ozzy Osbourne!!!”. Certo, sono successe belle cose, e puoi capire che ora la gente che incontriamo e che molte volte ci chiede di fare una foto con noi, in passato lo eravamo noi quando abbiamo avuto la possibilità di stare al fianco dei nostri idoli di un tempo.

Dato che sono state svelate da alcuni minuti le date del vostro tour europeo, quali sono le vostre prospettive riguardo il tour di promozione dell’album, se avete già qualcosa in mente su come organizzarlo musicalmente e scenograficamente? Per ora, abbiamo annunciato e stiamo organizzando quella che sarà una sorta di data-zero del nuovo tour, che verrà fatta ai primi di settembre e dove suoneremo per intero il nuovo album. Per il resto, valuteremo quali canzoni inserire nelle varie date e che possono essere le migliori da eseguire in sede live, ed inoltre valuteremo tutti gli elementi che possono essere utili per costruire il set di un concerto. Il tutto dipenderà da una serie di cose: da come verrà accolto l’album, da come sarà il sound dal vivo delle canzoni nuove, e di conseguenza ci adegueremo per l’allestimento dell’intero show. Penso che “The Fearless Sky”, il pezzo che apre l’album, sarà un pezzo che avrà un grande impatto live, perché è un brano veramente buono. E penso anche che ciascuna canzone darà una grande sostanza, che attraverseranno una serie di emozioni, e che renderanno ciascun live un grande live, sperando che lo sarà anche quando verremo in Italia. In fatto di promozione dell’album, noi con il nostro manager stiamo decidendo quale sarà il brano che anticiperà l’album, e che probabilmente aprirà i nostri show.

Ho visto che avrete come supporto delle band molto valide, come Pallbearer e Sinistro. Li ho visti entrambi dal vivo, e sono molto potenti. Sono stato in tour in America assieme ai Pallbearer quando ho suonato con la mia altra band, i Vallenfyre, e devo dire che sono degli ottimi ragazzi e musicisti. Invece, Nick ha potuto vedere i Sinistro durante l’ultimo Damnation Festival dello scorso anno, e gli sono piaciuti parecchio. In tutti i nostri tour cerchiamo di avere come supporto delle band che ci piacciono molto e che, reciprocamente, apprezzano il fatto di suonare con noi.

Ho avuto modo di vedere recentemente dal vivo i Sinistro, qui a Milano in quello che fu il Lo-Fi Club, assieme ai SubRosa, e fu davvero un ottimo show. Inoltre, ti chiedo se in futuro riprenderete l’idea di omaggiare un vostro album storico, come avete fatto l’anno passato al Roadburn per i 25 anni di ‘Gothic’? Mi chiedi se faremo lo stesso per un altro nostro album? Guarda, non lo so, anche se veramente non mi piace molto fare questo genere di eventi. Ma quando c’è stata l’occasione di partecipare al Roadburn e ci siamo inseriti nella loro idea, abbiamo accettato ed è stato fantastico, perché vedere così tanta gente che ci ascoltato per più di vent’anni, ed ascoltato soprattutto quell’album avendo poi l’occasione di sentirlo per intero, ti fa capire come la forza della musica sia molto importante, e come a volte le idee musicali che stanno dietro ad eventi simili al Roadburn cerchino di coinvolgere una moltitudine di appassionati carpendo le loro sensazioni.

Purtroppo non sono mai stato al Roadburn, e mi piacerebbe molto andarci. Sì, è un gran bel festival organizzato da ottime persone che sentono perfettamente i gusti degli appassionati, ed è diverso dai classici festival metal perché dedica la propria organizzazione ad un’offerta mirata e di culto.

Ti ringrazio molto per questa chiacchierata. E, se vuoi, puoi mandare un saluto ai fan italiani, incitandoli ad ascoltare e comprare ‘Medusa’. Oh, sicuramente, mi piace condividere con voi il nostro nuovo album. Se vi è piaciuto ‘The Plague Within’ non potrete non amare ‘Medusa’. Non è un disco basato sul metal più moderno, anzi è proprio l’opposto del modern metal, e spero che vi piacerà. E grazie per il vostro supporto, dopo 30 anni di carriera che celebreremo l’anno prossimo è sempre bello venire da voi e poter scambiare pareri ed opinioni attraverso interviste ed attraverso gli incontri con persone interessate.

E infatti ho potuto sentire ieri sera una domanda che riguardava proprio il vostro trentesimo anniversario di carriera, e se avete in mente qualche progetto per l’occasione... E’ vero, ne ho parlato quella sera facendo un confronto con ‘Decade Of Aggression’ che celebrò i dieci anni di carriera degli Slayer e che a loro sembrò un grande traguardo. Pensando che noi invece abbiamo raggiunto le tre decadi di carriera, risulta tutto ancora più particolare e bello.

Paradise Lost durante l'esibizione al Roadburn Festival 2016

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