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MR. RIOT

Se pensate che tutte le rock band del mondo trascorrano l'intera esistenza a base di sesso, droga, alcol e schitarrate varie, allora siete sulla strada sbagliata. Perché esistono anche delle realtà, sì, proprio qui in Italia, che invece ha la sola, unica e inconfutabile intenzione di fare del sano rock'n'roll senza inutili ed evitabili patemi, e mantenendo sempre la faccia pulita e la testa sulle spalle. Un valido esempio sono i piemontesi Mr. Riot, che reduci dall'ottimo riscontro avuto a seguito della pubblicazione dell'esordio discografico dello scorso anno 'Same Old Town', sono pronti a pubblicare il secondo album 'My Life, My Road', che simboleggia ulteriormente il loro intento di percorrere strade sterminate in totale serenità e all'insegna del rock. All'interno della kermesse veronese dell'Isola Rock, ci siamo intrattenuti con la band per una bella chiacchierata, parlando della loro produzione musicale presente e futura, e del loro personale approccio al mondo del rock.

Ciao ragazzi, e benvenuti su Hardsounds.it. E’ passato più di un anno dall’uscita del vostro debutto discografico ‘Same Old Town’. Guardando ad oggi, qual è stato il vostro riscontro sia personale, che nei confronti del pubblico e delle persone interessate, riguardo al vostro lavoro? Mario Nappi (chitarrista): Nei primi sei mesi di attività vera e propria dopo l’uscita dell’album abbiamo suonato tanto, praticamente tutti i weekend, ed abbiamo avuto un ottimo riscontro, con il pubblico che pian piano è cresciuto riuscendo a costruirci la nostra piccola fanbase. Poi abbiamo avuto alcuni problemi all’interno della formazione che ci ha portati ad essere quello che siamo oggi. Avevamo subito iniziato a scrivere pezzi che con l’attuale formazione abbiamo ribaltato, dato che dovevamo ricominciare daccapo, però siamo pienamente soddisfatti di quello che ci ha dato il nostro primo album.

L’album vi ha permesso di fare anche una nutrita esperienza dal vivo. Raccontateci le vostre sensazioni su quest’esperienza, e se c’è qualche aneddoto particolare su qualche vostra bizzarra serata. Mario: La cosa più bella è stata vedere le persone molto coinvolte, soprattutto nella serata del release party alla Rock’n’Roll Arena di Romagnano Sesia che è andata sold out più che altro perché era la serata di chiusura del locale. Era gente che nonostante non avesse mai sentito le nostre canzoni, al secondo ritornello già le cantava; era molto partecipe, stava dietro alla band. Come ho detto prima, ci ha dato parecchie soddisfazioni, e tuttora fortunatamente, quando presentiamo determinati pezzi, la gente partecipa molto e ci fa piacere perché al giorno d’oggi è veramente difficile riuscire a coinvolgere le persone.

Pensate che a quella serata di Romagnano ho assistito, solo che non avevo abbastanza soldi per comprarmi CD o altre cose. Sono andato alla serata del Rock Inn Somma, a Somma Lombardo, sempre nello stesso anno, solo che sono arrivato tardi però ho comprato il vostro CD. Mario: La serata del Rock Inn Somma fu proprio una vera gran serata, è stato forse uno dei nostri concerti più belli. Quella e anche la serata del Langhe Rock Festival, assieme a quella del Rock’n’Roll Arena, sono state le serate più belle. Diciamo che quella della Rock’n’Roll Arena è stata una serata talmente intensa, perché su ‘Same Old Town’ ci abbiamo lavorato tanto a livello di band, e abbiamo avuto tantissime sfighe per farlo uscire, e tantissime sfighe soprattutto nella formazione. Quando è arrivato il momento che è partito l’intro del concerto, è stato proprio un battere di cuore velocissimo, ed è stata un’adrenalina paurosa; e diciamo che ce lo siamo goduti perché ci siamo sfogati, però in quanto concerto, la serata è proprio volata. Se ti dovessi dire l’esperienza più bella che abbiamo avuto a livello di live, non è stata quella di Romagnano Sesia, ma ti direi quella del Langhe Rock Festival perché ce la siamo goduti, assieme a tantissima gente che è venuta.

Nella vostra intensa, ma comunque breve carriera, avete già affrontato importanti cambi di formazione, in primis alla voce. Con che spirito siete arrivati a queste difficili decisioni, e che stimoli ulteriori vi dà avere un cantante come Thomas che magari ad una persona come Stevie sono mancati? Mario: Ti devo rispondere col cuore. Con Stefano eravamo arrivati al punto che noi con questa band volevamo dare il 100%, e lui era in un periodo in cui non se la sentiva, e lui insieme al bassista hanno preferito staccarsi dalla band, per motivi personali. Abbiamo conosciuto Thomas quando l’abbiamo visto in apertura ad Erik Grönwall e Dave Dalone, e ci aveva colpito la sua voce, tanto che il nostro batterista insisteva di provarlo con noi come cantante. Dopo un po’ ci siamo conosciuti dopo il concerto, ed era nata la cosa del fare una band. Poi il caso ha voluto che diventasse il nostro cantante, nonostante fosse entrato nella band come bassista perché c’era ancora Stefano. Quest’ultimo ha lasciato la band, e abbiamo messo subito Thomas alla voce perché ci interessava al 100%. Come ho detto all’inizio, abbiamo ricominciato daccapo nel senso che abbiamo proprio visto che eravamo una band nuova, e volevamo evolverci ed uscire un po’ dalla cerchia anni ’80, provando a sperimentare qualcosa di nuovo. Abbiamo lavorato veramente tanto, arrivando anche a periodi di stress dato che facevamo fino a 5-6 giorni di fila a suonare chiusi dentro in studio. Però questo duro periodo ha rafforzato la band; non siamo entrati in studio fin quando non eravamo convinti al 100% di tutto. Abbiamo avuto la fortuna di fare delle pre-produzioni, e fin quando non eravamo proprio sicuri di dire “Ok, quel pezzo è pronto” non volevamo che uscisse nulla, anche se poi le piccole modifiche le abbiamo fatte lo stesso entrati in studio. Diciamo che questo disco nuovo è frutto di un duro lavoro, e spero che fuori si riesca a capire quanto ci abbiamo lavorato veramente e quanto abbiamo creduto in quello che abbiamo buttato dentro, e speriamo che piaccia. Ovviamente siamo contentissimi di avere Thomas nella band e di quello che siamo diventati oggi, perché abbiamo visto una maturazione veramente grossa della band, e speriamo che arrivi anche fuori.

Thomas, qual è stato il primo impatto che hai avuto appena sei entrato nella band? Thomas Libero (cantante): Il primo impatto è stato super positivo perché, come ha già detto Mario, ero entrato come bassista. Una cosa che mi ha colpito molto, e che non mi aspettavo per nulla da un gruppo che proponeva hard rock, è stata la preparazione dei pezzi, ed anche la loro composizione. Alle prove sono tutti con le cuffie, suonano tutti con strumentazione professionale, e sono cose che per uno che non se ne intende sembrano delle stupidaggini, ma per una persona che suona è sintomo di professionalità. E soprattutto per una persona che entra per la prima volta dentro una band, trovarsi delle persone che hanno un metodo di studio e soprattutto di lavoro e di composizione è una cosa di cui baciarsi le mani.

Copertina di 'Same Old Town', uscito a gennaio 2016 per Sleaszy Rider Records

Ho visto che siete già ad una fase avanzata nei lavori del vostro nuovo album dal titolo ‘My Life, My Road’, del quale ha avuto una parte importante la figura di Simone Mularoni. Tralasciando le sue ottime doti come produttore, che consigli utili vi ha dato per aiutare a sprigionare le vostre potenzialità? Mario: Non ci ha fatto una vera collaborazione, ma si è limitato al mixaggio e mastering dell’album. Siamo veramente contenti di quest’albumperché l’abbiamo scritto NOI quattro, ed abbiamo fatto tutto noi. Nessuno ci ha detto “no, fai quello; no, fai quest’altro…”, ma siamo stati veramente là dentro a suonare, arrivando anche ad insultarci, ma uscendone col sorriso e pienamente soddisfatti. Simone ha delle doti chitarristiche immense che conosciamo tutti, e secondo me è un ottimo produttore. Quando siamo andati a masterizzare il disco era veramente contento; quando siamo entrati e abbiamo sentito lui cantare i ritornelli dei nostri pezzi senza che noi dicessimo niente, ci ha fatto molto effetto. Per noi può sembrare una stupidata, ma ha un nome importante Simone. Quanto a collaborazioni, ne abbiamo fatta una con un po’ di artisti in una canzone un po’ fuori genere, ma possiamo anticipare che è una collaborazione tutta italiana. Non abbiamo optato per una collaborazione estera perché, con tutti gli artisti che abbiamo qui in Italia abbiamo voluto valorizzare per una volta la musica italiana. Ma la sentirete quando uscirà l’album. Non abbiamo voluto renderla come bonus track perché ci piaceva troppo e volevamo che tutti la sentissero, non facendo neanche edizioni speciali, e che tutti sentano cosa è uscito collaborando con quest’artista.

Magari fare un’edizione speciale voleva dire anche avere qualche costo in più? Mario: Sì, può essere. Però, se dovessimo fare un’edizione speciale è proprio perché ce lo chiedono, per esempio un’etichetta che può chiederci un’edizione per il Giappone. Quella canzone, comunque, vogliamo che rimanga lì, perché è una collaborazione italiana, ed è giusto che tutti la sentano.

Thomas: E’ un pezzo che fa parte della storia del disco, perché quando sono entrato mi ha affascinato, ed è stata la prima canzone che Mario mi ha fatto sentire.

Mario: E tra l’altro, possiamo dire che abbiamo sperimentato un po’ di tutto, nel senso che non c’è la linea AOR, non c’è la linea hard rock, ecc… Secondo me, al giorno d’oggi possiamo definirci una band rock che non tende a fare gli anni ’80, non tende a modernizzarsi.

Quando presumibilmente avete in mente di pubblicare il nuovo album? Mario: Purtroppo no, perché adesso sono tutti in ferie, ed ancora non sappiamo niente.

Che tipo di tematiche principali affronterà il nuovo album? Thomas: L’unica cosa che non mi è mai piaciuta di questo genere, che comunque adoro, sono i tanti testi che parlano di cose molto scontate, tipo fare festa, bere tanto, fare rock’n’roll, ecc. Mentre secondo me, la musica è un mezzo talmente importante che parlare di cose così semplici non è molto utile. In questo disco,  a livello di testi, ho toccato veramente tanti, tanti e tanti campi. Il principale argomento di una canzone è quello che viene chiamato ‘self-enpowerment’, cioè credere in sé stessi, perché secondo me in questi tempi la cosa che più serve alle persone è credere in sé stessi ed avere qualcuno che gli dica “Tu puoi farcela! Non importa se hai un milione di persone davanti, tu puoi farcela!”. Basta che credi in te stesso, e basta che rispetti gli altri e vivi la tua vita con serenità. E poi in un pezzo ho toccato anche un tasto importante che può essere, magari, la depressione; un altro brano che abbiamo fatto prima live, “Superstar”, parla di come sia facile essere famosi oggigiorno grazie ad un social network, e me la prendo anche con quello che sta succedendo nel mondo, della propaganda dei media. Un sacco di cose insomma. Quello di cui ho sempre parlato nelle mie canzoni è quello che io vedo e che vivo, ed ho potuto riscontrare che anche le altre persone vivono e vedono quello che vedo io.

Mario Nappi e Denis Valsesia, assieme a Simone Mularoni, con il CD master del nuovo album

Avete ancora intenzione di continuare la collaborazione con Sleaszy Rider, oppure avete in programma dei cambiamenti in tal senso? Mario: Abbiamo mandato, come fanno del resto altre band, il nostro album a numerose etichette, in attesa ed in speranza di una risposta. Riguardo a Sleaszy Rider… (qui Mario tentenna non poco), se posso dirlo in sincerità, forse è meglio se lavoriamo da soli perché vogliamo veramente vedere dove riusciamo ad arrivare con le nostre forze.

Thomas: E’ un discorso da fare nella sua totalità, siccome abbiamo scritto, prodotto ed arrangiato tutto noi, se dobbiamo rimanere lì tanto vale che facciamo da soli. Tutto questo non togliendo nulla a Sleaszy Rider, ma è una cosa nostra.

Il vostro è un genere che, col passare degli anni, sembra avere ancora appeal. Qual è, secondo voi, il vero punto di forza che fa in modo che lo sleaze-rock, l’hard rock stradaiolo, sia ancora trascinante, nonostante la miriade di altri generi rock-metal molto diversi tra di loro, che stanno progressivamente imperversando? Angelo Armento (chitarrista): Tutto quello perché noi non facciamo né hard rock, né sleazy e né glam. Facciamo un genere che non è nostro, ma facciamo una musica in cui non ci diamo limiti. Arriviamo in studio, diciamo che abbiamo in mente questo riff qua, e subito lo si fa. Magari qualche pezzo può ricordare quel genere, perché avendolo ascoltato sempre ed avendolo avuto come punto di riferimento, è facile arrivare a fare un pezzo del genere, dato che le influenze ci saranno sempre perché fa parte di noi. Ma, allo stesso tempo, cerchiamo di stare fuori da quell’ambito. Band emergenti che fanno sleaze o glam ce ne sono tante e più indicate rispetto a noi, perché le nostre canzoni sia del primo che del nuovo album non hanno un filo logico, ma sono delle idee che arrivano. Non facciamo niente di nuovo, ma vogliamo solamente esprimere quello che vogliamo.

Thomas: Te la dico molto in sintesi. Noi come band (almeno, parlo per me, perché non mi sento di parlare per tutto il genere) abbiamo appeal perché quello che vedi sul palco e quello che senti su disco è quello che siamo. Noi siamo autentici, e secondo me questo arriva direttamente alle persone. Non siamo delle rockstar fasulle, ma semplici ragazzi che hanno voglia di fare musica.

Sicuramente, per la composizione delle vostre melodie, della vostra musica e dei vostri testi, si suppone avrete come fonte di ispirazione le band storiche del genere. A quale band siete più legati? Oltre al vostro genere, date anche uno sguardo ad altri filoni rock-metal non solo come ascolto personale, ma anche come contributo per le vostre idee musicali? Angelo: Non abbiamo fonti di ispirazione particolari, ma siamo legati al rock.

Thomas: Penso che siamo legati al rock semplicemente perché abbiamo le chitarre elettriche, perché se ci danno in mano, per esempio, un pianoforte faremmo un altro genere.

Angelo: Riguardo a fonti di ispirazione per la scrittura dei pezzi, posso dire che come gruppi non abbiamo fonte di ispirazione. Magari l’idea di qualcuno può ricordare qualcosa. Però non arriviamo con canzoni già fatte e già pronte. Tolte due canzoni del nuovo album, il resto è “Ragazzi, ho un’idea”, e tutti fanno qualcosa, perché l’idea nasce da chi la porta, ma finisce con chi la crea, cioè tutti. Tutto qua, non c’è il discorso che con quest’album ci ispiriamo a loro, oppure con quest’album torniamo agli anni ’70, piuttosto che ricalcare gli anni ’90. No, noi facciamo come viene viene, seguendo comunque una logica.

Thomas: Non facciamo progressive, perché purtroppo non ne siamo capaci. Detto questo, a me piacciono le canzoni che piacciono a noi.

Raccontateci a vicenda un vostro pregio e un vostro difetto che abbiano a che fare soprattutto con gli equilibri della band e del vostro modo di fare musica, e se si ripercuotono anche nella vostra vita personale aldifuori della musica. Angelo: Siamo dei ragazzi molto permalosi, anche se non sembriamo così. E spesso, anche se non lo diamo a vedere, ci rimaniamo male. Siamo tutti permalosi e siamo tutti soddisfatti e contenti di quello che facciamo. Se c’è qualcosa che a uno di noi non piace, gli altri stringono i denti ma alla fine si accontentano, perché siamo fatti così. Non è un obbligo, però se vediamo che Thomas, il nuovo arrivato, non è interessato o non è convinto, magari c’è un attimo di scazzo però alla fine ok, è inutile litigare.

Mario: Non è comunque stato facile ed immediato per noi tre passare da quello che facevamo prima a quello che siamo arrivati a fare adesso. Abbiamo dovuto un attimo rosicare, però alla fine dei conti ci abbiamo pensato tanto ed era il momento di maturare, di mettere da parte tante cose. Io ho dovuto discutere tanto con Thomas sui vari pezzi, ma alla fine ho dovuto ammettere che ha avuto ragione lui, ed allo stesso modo con gli altri compagni di band.

Thomas: Quanto ti ho detto che abbiamo discusso e ci siamo quasi ammazzati in studio, è vero perché alla fine hai sempre due persone che hanno un pensiero diverso, però alla fine quando uno ha un’idea e ci crede così tanto, al limite della testardaggine, pensiamo che comunque non è così scemo, se si tiene così tanto alla fine andremo a farla.

Diciamo che vi scannate per raggiungere un obiettivo. Angelo: Certo, noi all’interno dello studio sono piatti che volano, botte da orbi. Poi appena usciamo dallo studio, andiamo tutti a mangiare un gelato, a bere e ridiamo e scherziamo come se nulla fosse. Noi concepiamo che lo studio è una cosa, e la vita è un’altra, ma credo che chiunque faccia musica e in generale nel mondo del lavoro sia così.

Thomas Libero w/ Mr. Riot live @ Drakkarock, Borgo Ticino (NO), 27/08/2017

Il vostro monicker è Mr.Riot. Chi tra di voi è l’autentico Mr.Riot della band? Angelo: Io e Denis per un fatto di anzianità nella band, ma in fondo siamo tutti Mr. Riot. Anche Stevie che è uscito, era un Mr. Riot, forse il principale Mr. Riot per ognuno di noi. Mr. Riot è chi lo vuole, chi ha voglia di fare rivoluzione.

E a quale vostro musicista preferito volete affibiare questo nickname? Thomas: Per me potrebbe essere Ace Frehley dei Kiss.

Angelo: I personaggi big sono personaggi arrivati, non sono rivoluzionari, ma sono persone che hanno già fatto la rivoluzione ai loro tempi ed ora si godono la loro vita, il loro successo e la fatica che hanno fatto.

Denis Valsesia (batterista): I Mr. Riot sono tutte quelle persone che cercano di arrivare ad un certo punto e ci provano con tutte le loro forze, e da lì viene fuori il Mr. Riot e la voglia di voler arrivare lontano.

Angelo: La rivoluzione si intende come il coraggio di ambire ad una meta.

Nonostante ci sia parecchio “riot” nella vostra musica, in alcuni vostri brani c’è un importante spazio dedicato parti che testimoniano un’importanza emozionale. Esempi sono “Illusion” e “Spread Our Love”, come nella miglior tradizione di questo genere. Anche voi quindi siete dell’idea che l’hard rock non sia solo riffoni di chitarra grandiosi, ritmiche serrate e ugole possenti, ma sia anche un genere che sprigiona anima, cuore e passione attraverso musiche più soffuse? Mario: Certamente ed assolutamente sì. Nel nuovo album c’è un pezzo dove abbiamo proprio toccato il fondo emozionale della band, e siamo riusciti a parlare con quelle poche note e non fare tutte quelle mosse da rockstar.

Che consiglio dareste ai vostri amici che intendono iniziare un percorso in una rock band? Angelo: Non fatelo! (ride). No, non è vero. Credeteci se volete farlo, fatelo e lavorate con la testa non aspettandovi grandi cose. Sbattete la testa, gridate, urlate e non fidatevi di nessuno. Anzi no, dovete cadere nella trappola esattamente come siamo caduti noi, perché è il modo migliore per rialzarsi, rimanere umili ed andare avanti ancora più convinti.

E soprattutto non fumare e non bere alcolici…Angelo: Guarda, noi siamo proprio la band di sfigati che non fuma, non beve, andiamo al bar ed ordiniamo Coca Zero e beviamo caffè decaffeinato. Il nostro cantante è astemio, per capire proprio la nostra essenza dell’hard rock. Noi vogliamo solo fare musica e tornare a casa con la patente.

Grazie della chiacchierata. Il tempo per un ultimo vostro saluto e l’invito a seguirvi e ad ascoltarvi. Mario: Io mi sento di dire di provare ad aspettare ancora per chi crede nei Mr. Riot, e portare pazienza perché quello che abbiamo fatto, a parere nostro, è un gran bel disco di cui siamo molto contenti. Siamo molto curiosi ed abbiamo proprio voglia di vedere la reazione ed il pensiero della gente, proprio perché è un lavoro di tutti e quattro, ed è frutto di una nostra maturazione.

Thomas: E quindi speriamo che le nostre liti siano valse la pena.

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