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ABORYM

In occasione dell'uscita del libro sulla storia della band e dopo averlo divorato, ci è venuta qualche curiosità in più rispetto a quanto riportato nell'opera, quindi abbiamo contattato direttamente il protagonista. Il lavoro mi è piaciuto molto, per diversi motivi: perché Mariano Fontaine sa scrivere mantenendo sempre alta l’attenzione, perché è zeppo di aneddoti e situazioni ‘stupefacenti’ ben oltre il limite dell’immaginabile, perché fa chiarezza su diverse leggende di cui si vociferava all’epoca, perché come il protagonista, partendo dalla stessa terra natale (Taranto) siamo entrambi emigrati a Roma, pertanto mi fa ripercorrere le tappe della giovinezza, le discoteche a tema, i negozi di dischi, i club, i concerti, le serate romane, insomma, due vite parallele che non si sono mai incontrate in quel periodo. 
 
Cosa ne pensi oggi, a distanza di 25 anni, di “Kaly Yuga Bizarre”? FG: E’ stato il disco più sfacciato, diretto e sincero perché rispecchia quelli che erano gli stati d’animo di quei tempi e delle persone che l’hanno concepito e composto. Ogni disco tende ad evocare in qualche modo il contesto in cui è stato realizzato e per Kali Yuga Bizarre, non c’è stato nessun freno inibitore, non esisteva nessuna presunzione di voler diventare ricchi e famosi, non conoscevamo il mondo della discografia e quello che fu realizzato fu assolutamente “incosciente”, imprevisto e accidentale, senza nessun tipo di ambizione. Forse è per questo che è un disco unico: è spontaneo, integerrimo e integralista allo stesso tempo, incosciente, sfacciato e “autentico”.
 
Nel libro si narra che siete stati i primi a mixare il black metal con l’elettronica con il disco di cui sopra che fu pubblicato nel 1999, ma nel 1996 i SAMAEL con “Passage” avevano già dato il là a questo tipo di trasversalità. Concordi? FG: Queste sono considerazioni che fate voi giornalisti, io cerco di fare il musicista e non entro mai in queste dinamiche. Conosco bene quel disco e credo che Samael, così come i Mysticum siano stati tra i primi a contaminare un genere musicale molto “inquadrato” come il black metal. Detto questo faccio fatica a ricordare, in quel contesto, formazioni che “osarono” revisionare e combinare elementi distanti anni luce tra loro: noi lo facemmo con la musica techno, con l’elettronica e con l’industrial. Per questo all’inizio la gente prese ad attaccarci. Era tutto molto pesante da digerire.

Visti i numerosi cambi di line up negli Aborym, potrebbe essere una chiave di lettura che hai un carattere forte con cui andare d'accordo nel lungo periodo o tendi a non piegarti a compromessi? FG: Chi mi conosce sa come lavoro, sa quanti sacrifici faccio per la musica, sa quanto tempo dedico alla musica così come allo studio della sintesi sonora. Chi mi conosce sa che per me la musica è importantissima. Sono sempre molto aperto e disponibile con tutti ma quando si tratta di musica e quindi di Aborym esigo abnegazione, spirito di sacrificio e forza di volontà e – cosa imprescindibile – Aborym non è e mai sarà un circolo ricreativo. Siamo più come un laboratorio, con delle regole e con tutta una serie di traiettorie tracciate. Lavoro in perfetta sintonia con Kata e Tommy da parecchi anni ormai: evidentemente loro sono entrati “dentro” la filosofia di questa band, sanno fare bene quello che fanno, sono persone molto rispettose, sincere, autentiche… Sono amici. Ecco forse i numerosi cambi di formazione si sono verificati perché in molti casi non eravamo amici tra di noi. E con il tempo la merda viene sempre a galla. Poi ci sono stati tanti, forse troppi mr. “IoSoIoeVoiNonsieteUnCazzo”, ovvero personaggi che avevano un ego grande come una cattedrale e manie di protagonismo, così come ci sono stati tanti e troppi “arrivisti” e “prime donne”, così come gente che pretendeva di fare musica con Aborym senza saper suonare o senza saper andare a tempo. In 30 anni ne ho viste di tutti i colori, ma evito sempre di puntare il dito contro qualcuno, perché ognuno merita rispetto in un modo o nell’altro. Invece io, che sono quello con il culo ben piantato in tutto questo dal 1992 sono spesso stato trattato con poco rispetto, a distanza di tempo e in modo poco civili e “maturi” come leggere porcate su internet e merdate del genere. Di solito quando me ne accorgo chiudo le porte. E quando le chiudo non si riaprono. Non ho mai avuto la presunzione di essere perfetto ma chi mi conosce sa bene che andare d’accordo con me è molto più semplice di quanto si possa immaginare e Aborym sono una sorta di famiglia, nonchè un lungo trentennio di vita. 
 
Come mai hai abbandonato i Temple Of Noise Studios di Cristian Ice a Roma dove hai registrato i primi tre dischi in favore di quelli di Montefiascone (VT)? FG: All’epoca suonavo con Paolo (Pieri), sia in Aborym che in Malfeitor e fu lui ad indirizzarci verso i Fear NoOne di Emiliano Natali, un’ottima persona con una grande preparazione. Così decidemmo di registrare li per un po’ di anni. Con Emiliano incidemmo “SHIFTING-negative”, che fu poi mixato da Marc Urselli con la produzione di Guido Elmi. Ho tentato di contattare, negli anni, Christian Ice ma le nostre conversazioni non hanno portato da nessuna parte. Spero se la passi bene. Gli ultimi album sono stati incisi negli NMG e nei Synthesis Studio di Andrea Corvo, nostro ottimo amico e sound engineer che ci segue da diversi anni.
 
I tuoi prossimi lavori saranno pubblicati su Subsound Records? FG: Spero di si. E’un eccellente realtà discografica italiana e conosco molto bene il boss Davide Cantone, che ha iniziato a ristampare i primi dischi Aborym.
 
Ho sentito, in una tua recente intervista su youtube, che ci sono grosse novità a livello familiare, stai per diventare padre? FG: Cerco sempre di proteggere la mia sfera privata e la mia famiglia. Quello era un “fuori onda” e non parlo mai di questioni private e personali…
 
Che rapporto hai tutt’oggi con Nysrok degli Alien Vampires che ha contribuito ai primi lavori della band? FG: Lo sento spesso, siamo in ottimi rapporti e lui è stato uno dei pochissimi musicisti dei primi Aborym a collaborare con Fontaine per il libro. Ha dedicato molto del suo tempo e io ho apprezzato moltissimo. Lui è un Interista del cazzo come te Igor, spesso ci inviamo merdate su whatsapp. Insomma, siamo in ottimi rapporti e quando c’è una possibilità concreta cerchiamo sempre di vederci.

Il libro sarà aggiornato con una nuova edizione? FG: Non credo. Non siamo i Metallica. Ad ogni modo so che c’è una forte richiesta dall’estero di una versione tradotta in inglese, ma è un business che non mi riguarda. Dovresti chiedere al team Tsunami, peraltro gente veramente in gamba.
 
Stai organizzando nuove date live? FG: Al momento no. Siamo in piena fase di pre-produzione e non abbiamo live in vista.
 
Quanto c’è di vero e quanto di ‘mitizzato’ nel libro? FG: Purtroppo è tutto vero e rileggere quel libro a volta fa male. E’ stato spesso doloroso riaprire vasi di Pandora e situazioni di “vita” accadute 20 o 30 anni fa così come cose accadute pochi anni fa. Peraltro un processo che ti fa capire che il tempo passa e sono arrivato a 48 anni. Ma come dico sempre, non rinnego niente e rifarei tutto ciò che ho fatto esattamente come l’ho fatto, errori e disattenzioni comprese.
 
Progetti per il futuro? Nuovo lavoro per Aborym? FG: Voglio registrare un nuovo disco nel 2025. Ci stiamo lavorando e con Kata e Tommy i ritmi iniziano ad essere incessanti e martellanti, il climax perfetto quando si è in dirittura d’arrivo. Lavoreremo ancora con il nostro produttore Keith Hillebrandt e questa volta cercheremo di portarlo a Roma durante le incisioni e per il periodo di produzione e post-produzione così come lavoreremo ancora con Andrea Corvo (Synthesis Studio). Squadra vincente non si cambia.
 
Mantieni ancora contatti con il mondo del black metal? FG: Ho tanti amici in quell’ambiente ma fondamentalmente non avverto l’esigenza di rientrarci in nessun modo. Ci si sente come succede con un vecchio amico o con un lontano parente e si parla di altro, di cose personali, della famiglia, lavoro. Cose del genere…

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