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MAGNA CARTA RECORDS

Ci troviamo a parlare con Peter Morticelli, presidente della Magna Carta, storica etichetta progressive americana, che ha lasciato il segno nella discografia con capolavori come "Tyranny" degli Shadow Gallery o "Hour of Restoration" dei Magellan o gli indimenticabili Liquid Tension Experiment. E’ con grande piacere che ci troveremo a scoprire la vena pionieristica di questo personaggio che dagli anni 60 ad oggi ha percorso tutte le tappe del music business, passando da musicista a negoziante e infine a produttore lungimirante e in cerca di talenti. Tra le band che sicuramente sono da ricordare nella sua scuderia troviamo: Lemur Voice, Ozric Tentacles, Royal Hunt, Alex Skolnick Trio, Enchant, Explorer’s Club, Mullmuzzler e le leggende Kansas. Fanno parte di questo stellare rooster virtuosissimi musicisti come simon Phillips, Jordan Ruddess, Terri Bozzio, Mike Portony e James La Brie solo per citarne alcuni. Mr. Morticelli ci porterà attraverso il tempo a ripercorrere gli scenari incredibili che in questi ultimi 40 anni la musica ha attraversato. Farà, infine, una fotografia molto chiara della situazione di grande crisi e imbarazzo che il mondo della musica rappresenta, e vediamo come dal suo punto di vista cerca di proporne una soluzione. Innanzi tutto, mi lasci dire Mr. Morticelli che sono estremamente emozionato a parlare con lei, perché da fan del metal prima e come musicista poi ho sempre visto Maga Carta come una delle etichette più interessanti nel panorama del metal. Quando nel 2000, stavo lavorando ad Allentown con Gary Wehrkamp ad alcuni pezzi, spesso ci ritrovavamo a chiacchierare proprio della Magna Carta (al tempo etichetta degli Shadow gallery appunto). Così vorrei ringraziarla per questa incredibile occasione che ho di poterla intervistare. Sono io che voglio ringraziare voi, per l’opportunità che mi date di parlare di argomenti relative a Magna Carta. Siamo gente concentrata sul nostro lavoro e non ci impegnamo mai abbastanza per promuovere il ruolo della nostra etichetta. Tuttavia, ogni tanto, è buona cosa lasciare entrare il pubblico e lasciar trasparire quello che veramente succede dalla nostra parte del music business. Quindi: pronto a parlare. Ecco, la prima domanda è un po’ personale. Lei deve amare moltissimo la musica per avere avuto una carriera così lunga nel music business. Crede di aver sacrificato molto per arrivare dove è ora e essere riuscito in così tante imprese con Magna Carta? Ho lavorato in molti settori del music business in tutti questi anni, e devo ammettere che è sempre un sacrificio quando cerchi di fare qualcosa che vuoi davvero fare anche quando ci sono alter cosec h potrebbero essere più semplici. Direi che il 99,5% di quello che ho fatto in questo mondo è stato una battaglia. L’altra faccia della medaglia è che le cose belle sono quelle che ti fanno andare avanti ogni giorno. In fine, c’è il fatto che a tutti gli effetti non so fare altro che questo, e quindi non ho scelta. O lavoro in questo mondo oppure vado a mendicare… il che potrebbè essere ancora un’opzione valida. Come dimostra la storia delle sue fatiche, lei ha attraversato ere diverse del music business con scenari diversi. Quali sono le differenze, sia da un punto di vista musicale che da un punto di vista professionale, tra tutte queste epoche (gli anni 60, 70, 80, 90 e il 2000)? Negli anni 60, fu un momento di vibrante eccitazione per la musica e per I fan. Tutto era una nuova esperienza, ogni nuovo giorno ti permetteva di scoprire una nuova band. La gente viveva la musica come una vera e importante parte della loro vita. Negli anni 70, la musica iniziò ad essere definita in maniera più specifica. Il pubblico iniziò a segmentare la musica che ascoltava in stili particolari. Le radio (negli USA) iniziarono seriamente a cambiare e a dividere gli ascoltatori in”gruppi”, anche se a vederlo ora questo potrebbe non essere necessariamente stata una cosa buona. Negli anni 80, la musica iniziò ad essere condotta dalle grandi compagnie/aziende, dove l’unica cosa che importava era il denaro. La musica stessa iniziò ad essere veicolo di profitti. Macque MTV ed ebbe un effetto radicale sull’industria della musica stessa. All’improvviso, diventò più importate come apparivi di come suonavi. Gli anni 90 furono una rivoluzione di questo trend. Le grandi aziende ancora dominavano, ma la scena delle etichette indipendenti crebbe moltissimo, diventando sempre più importante. A quel tempo il pubblico era davvero molto diviso no solo per stile di musica ascoltata, ma anche per età, perché divenne ovvio che c’erano acquirenti di musica più anziani che cercavano della musica che potesse attrarli ancora, e degli acquirenti più giovani che volevano musica che fosse completamente diversa da quella che piaceva ai loro genitori. Negli anni 2000, il music business subì una grande rivoluzione. La musica in sé non fu più un fattore importante nella vita dei giovani. La tecnologia sta cambiando il modo in cui la musica è fatta e distribuita. Per molti sembra che la musica non sia nemmeno lontanamente valida come la musica fatta in periodi precedenti. Oramai, la gente considera molto meglio avere la musica a gratis piuttosto che pagarla, e così il music business si trova ad affrontare una grave crisi. Inoltre, è diventato così difficile per un musicista fare “carriera” che ci si ritrova con un sacco di gente che fa della musica il suo “hobby”, senza preoccuparsi di fare dei profitti da questa professione. Così, come risultato di tutto ciò, la musica ne esce “svalutata” (cioè che ha minor valore) agli occhi di chi la fa una volta e di chi la compra. Al giorno d’oggi, questo business è in una pessima posizione. Nessuno sa cosa succederà o come evolverà la situazione. Molte cose basilari stanno cambiando. Possiamo solo aspettare e vedere cosa succederà. Una cosa è certa, però: il modo in cui le cose si stanno facendo ora, verrà cambiato per sempre. Di tutte queste epoche, c’è qualche qualità di qualcuna che possa essere riconosciuta come più importante o degna di nota? Una cosa che sempre è sopra tutte: l’avidità. Appena qualcuno sembra incappare in qualcosa che funziona, ci sono subito gli imitatori, che normalmente poi si rivelano la rovina di tutto il sistema. Quanto delle sue esperienze precedenti come musicista prima e come negoziante dopo si è rivelato utile quando ha iniziato l’avventura Magna Carta, e quanto di tutto ciò ancora è fondamento del suo business attuale Ci fu un tempo in cui avevo la sensazione che la mia esperienza come negoziante avesse scarso impatto sulla mia esperienza in Magna Carta, perché tante cose erano così diverse tra il periodo in cui avevo un negozio e ora. Come musicista, invece sì, l’esperienza mi ha permesso di relazionarmi molto più efficacemente con gli obiettivi e i desideri degli artisti con I quali ho a che fare. Probabilmente le esperienze più importanti che ho avuto sono state quelle come agente e come manager. Queste due competenze mi hanno aiutato molto ad affrontare il business della Magna Carta così com’è oggi. Considero Magna Carta un pioniere al suo inizio. Ricordo molti lavori sperimentali come il primo degli Shadow Gallery e dei Magellan, che al tempo furono molto inusuali (Magna Carta mise sotto contratto due band praticamente “virtuali” che non avevano batterista, e frutto solo di poche geniali menti nda.). Così mi piacerebbe che lei descrivesse cosa in un artista la fa dire: “Questo è grandioso! Offriamogli un contratto!”. Sì, credo che quando iniziammo l’attività, eravamo dei veri pionieri. Ma, come ho detto, poichè qualcuno vide un’opportunità di farne profitti, nacquero aziende nuove che copiavano il nostro approccio. Quello che ci spinge a offrire un contratto ad una band è una sensazione che la band voglia davvero avere successo. Che abbiano voglia di lavorare davvero duro per raggiungere i loro obiettivi. Ovviamente, la band deve avere un livello di esperienza e capacità musicale elevato, e deve avere un approccio nei confronti della musica che li pone al di sopra della gran parte delle band loro coeve. Questo mi porta alla prossima domanda. Ho appreso che Magna Carta sta facendo un’operazione di scouting in Europa, e ne sono veramente contento. Qual è la strategia dietro questa operazione? Perché proprio l’Europa, è proprio così diverso lo scenario negli Stati Uniti, oppure è più simile ora? Abbiamo deciso di interessarci più seriamente all’Europa perchè la qualità della musica e dei musicisti stava migliorando molto negli ultimi anni. Musicisti Europei stanno dimostrando che sono molto più impegnati a seguire i loro sogni e questo diventa motivo di interesse per un’etichetta. Abbiamo iniziato a vedere anche che in Europa c’è una importante base di fan, che c’è sempre stata, ma che ora si stanno davvero concentrato nel supportare la band Europee. Purtroppo finora, per noi l’Europa è sempre stato un mercato secondario. Per questo, appena abbiamo iniziato a trovare sempre più band Europee nella nostra ricerca abbiamo deciso di concentrarci su questo territorio. Uno degli ambiti in cui Magna Carta, secondo me, è insuperabile è quello degli album tributo. Ne avete prodotti tanti e tutti di grande successo. Avete in programma di produrne altri nei prossimi anni? Gli album tribute sono una benedizione e una maledizione. Sono grandiosi quando sono finiti, ma sono incredibilmente difficili da realizzare. O almeno, quelli che abbiamo fatto noi furono davvero difficili da realizzare a causa delle molte persone coinvolte. E, come dicevo prima, uscirono così tanti imitatori una volta che iniziammo a produrne noi, che praticamente uccisero il mercato. Per dirla tutta, è da lunghissimo tempo che non riesco a farmi venire una buona idea per uno nuovo. Non riesco a trovare a chi potremmo fare un tributo. Ne farei volentieri uno, se solo avessi una buona idea… ma in questo momento non me ne vengono. Fatemi sapere se voi avete un concepì da proporre… Ad oggi, quail sono le sua band preferite, se ce ne sono? C’è una band che considerà la migliore di sempre? Ad essere onesto, è da parecchio tempo che non ho una “band preferita”. Probabilmente perché ho iniziato ad ascoltare la musica in modo diverso dopo che sono entrato nel music business. E’ un po’ triste ma vero, nel mio caso. Mi sono piaciute un sacco di band nel passato come “favorite”, ma preferisco non nominarle in questa circostanza. La tecnologia progredisce di anno in anno, e oggi sempre più velocemente. Le band giovani possono ottenere produzioni nella media buone con solo un buon PC. Ho la sensazione alle volte che i ragazzi non capiscano a piano il valore di una buona produzione, che supporti il loro lavoro, proprio perché oggi è facile autoprodursi. Crede che la mia sensazione sia giusta? Lei pensa che questo comportamento sia positive o negative per la musica, per il mercato e per le bands? Hai perfettamente ragione per quanto riguarda la tecnologia. Mi piace l’idea che oggi con un minimo investimento si possa fare quasi qualsiasi cosa. Tuttavia, proprio questa cosa da spazio ad un sacco di pessima musica di essere prodotto e distribuita con maggiore facilità rispetto ad una volta. Questo è uno dei risvolti della faccenda. Non c’è il meccanismo di selezione che premia i migliori che c’era una volta. Ora tutti possono entrare nel mercato. In fine, ci sono troppe band che cercano di piacere alla stessa quantità di fan. E siccome tutti coloro che hanno accesso ad internet possono “esporre” la loro musica a chiunque, non c’è più un processo di selezione. Ora ogni band, che siano ottimi o terribili, possono proporre la loro musica al pubblico. Ne consegue che al giorno d’oggi c’è tanto tra cui scegliere (forse troppo). E la conseguenza di tutto ciò è che ci sono delle grandi opere che non riescono mai a farsi ascoltare. Suggerisci l’utilizzo di un produttore alle band a cui offri un contratto per il primo album? Perché? Molte volte offriamo un contratto a band che hanno già registrato un album, o che stanno per farlo, così non abbiamo l’opportunità di farli lavorare con un produttore. Di solito lo facciamo quando possiamo farlo e se c’è un budget che ce lo consente. E’ molto difficile per una band essere oggitiva sul proprio lavoro, così lo proponiamo perché il produttore deve essere a portare oggettività. Deve tenere un occhio al budget e portare buone idee musicali e tecniche. E’ molto difficile trovare giovani produttori in gamba, con tutte le competenze necessarie… se ne conoscete o ce ne sono in ascolto… fatevi avanti. Cosa pensa di internet e il nuovo “avvento del digitale? Magna Carta ha un sito molto bello, per cui mi domandavo quanto importante sia il web per un etichetta, sia per “vendere” i propri lavori sia per trovare nuovi talenti a cui offrire un contratto. Bhè, hai appena descritto tu le ragioni per cui avere un sito: marketing, vendita e acquisizione di talenti. Tuttavia, non ho ancora idea di quanto efficace sia il nostro. Ci spendiamo una notevole quantità di denaro ogni anno, ma mi rendo conto che a meno che non ci si stia dietro costantemente, anche in relazione ad altre etichette, il sito non sia mai abbastanza efficace. La tecnologia cambia troppo velocemente per riuscire mai ad essere soddisfatti del proprio sito. Immagino che riceverà moltissimi demo ogni giorno di band che vogliono essere ascoltate. Qual è il vostro approccio nei loro confronti? Cosa cercate in un demo? Buon suono, buone ideee, capacità tecniche o nessuno di queste? La verità è che riceviamo così tanti demo terrificanti, che diventa difficile ascoltarli. La nostra migliore risorsa di talenti deriva da coloro con già lavoriamo o abbiamo lavorato e che ci presentano di volta in volta band. Un produttore, un manager, un altro musicista della nostra etichetta o un suggerimento da un’altra etichetta. Queste sono le nostre vie migliori per noi per trovare una band a cui offrire un contratto. Vorrei poter dire che è diverso, ma alla fine noi non abbiamo le persone o le risorse finanziarie per ascoltare tutto quello che ci è stato presentato. Sono sicuro che in questa maniera ci perdiamo delle grandi cose, ma penso anche sia così per tutte le etichette, anche quelle grandissime. Lei ha lavorato con musicisti tra i più talentuosi al mondo, com’è? Sono esigenti, viziati o gente semplice nel loro lavoro? Eh sì, abbiamo sicuramente lavoranto con alcuni tra I più grandi artisti al mondo. Terry Bozzio, Tony Levin, Steve Walsh, Jordan Rudess. Moltissimi altri grandiosi musicisti. Alcuni di loro sono considerati leggendari, ma, ovviamente, ce ne sono alcuni che sono veramente con I piedi per terra. Ce ne sono alcuni con cui ho provato a lavorare moltissime volte. Altri per cui sono veramente dispiaciuto, perché sono così tormentati e concentrati sulla loro arte che non sono veramente mai felici. Il business ha davvero un impatto strano sulla vita della gente. Nel business, si vede il lato migliore e il lato peggiore della personalità della gente. Ce ne sono alcuni che sono veramente persone onorabili e brillanti, altri che non hanno scrupoli e la loro qualità speciale è solo il loro talento musicale. Per finire alcune domande “curiose”: - Quale band nella sua carriera è stata la più difficile da portare all’interno di Magna Carta. Non citerò nessun nome ovviamente. Una volta avevamo una band sottocontratto, per la quale spendemmo tantissimo tempo prima di poterla averla con noi, perché alcuni membri volevano firmare con una major, e la maggior parte voleva invece firmare con noi. Alla fine riuscimmo a superare tutti gli ostacoli.. o per lo meno così pensavamo. Circa due settimane dopo la firma del contratto, mi chiamò il leader della band. Era sull’orlo delle lacrime, e mi disse che doveva parlarmi con urgenza circa qualcosa di molto importante. Mi disse poi che aveva firmato lui illegalmente il contratto per tutti i suoi compagni perché pensava di poterli convincere tutti a firmare per Magna Carta. Alla fine non ci era riuscito e si ritrovava con un bel problema tra le mani. Fortunatamente, non era stato mandato nessun anticipo di denaro alla band, così semplicemente li abbiamo lasciati andare. Alla fine, non ottennero mai il contratto con la major, e per un caso molto strano ci ritrovammo con il mettere sotto contratto il leader della band, per il suo “solo project”. - Qual è stata la band più facile da scritturare? Ce ne sono state davvero tante di band facili da scritturare, al momento non mi viene in mente una che fosse stata più facile di altre. - Qual è il lavoro di cui va più fiero? Sono orgoglioso di quasi tutto quello che abbiamo fatto, davvero. Ci sono un paio di album che vorrei non aver mai fatto, ma anche quelli hanno delle qualità che li hanno redenti, in un certo modo. Dal punto di vista artistico, amo Bozzio Levin Stevens “Blacklight Sindrome”. Credo che per certi aspetti sia un grande classico. - Qual è il demo più curioso che abbia mai ricevuto? Ce ne fu uno che arrivò con una banconota da 100 $ al suo interno. Ce ne fu un altro che arrivò con uno spinello. Immagino che fossero degli stimoli per incoraggiarci a offrire un contratto alle band. Ovviamente donammo tutto ad un’associazione benefica. - C’è una band che avreste voluto avere in Magna Cart ache per qualche ragione non siete mai riusciti ad avere? Avrei davvero voluto poter scritturare i Symphony X, ma al tempo non immaginavamo che fossero disponibili. Lo scoprimmo solo quando era troppo tardi per avvicinarli. Voglio ora davvero ringraziarla con tutto il cuore per il suo tempo, e spero di avere notizie di Magna Carta ancora per tantissimo tempo. Grazie per averci dedicato del tempo e grande interesse a Magna Carta. Apprezzo molto la vostra attenzione in qualcosa che è stato il centro della mia vita per 18 anni. Grazie a lei davvero Mr. Morticelli.

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