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WALL OF SLEEP: ...AND HELL FOLLOWED WITH HIM

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09/12/2007
75


Genere: Doom
Etichetta: I Hate
Anno: 2007

Terzo full lenght per gli ungheresi Wall Of Sleep, che io seguo dall’esordio e dei quali attendevo la conferma/consacrazione che, puntualmente, con questo album, c’è stata ed è evidente. La band nasce dalle ceneri dei Mood, e ne segue un po’ il percorso creativo, fino a quest’ultimo album molto maturo e ricco di belle canzoni, più che portatore di chissà quale messaggio o nuovo concetto musicale. Il difetto quindi, sia chiaro, è solo questo: non c'è niente di nuovo, niente di epocale, e da canzone a canzone il succo del discorso non cambia. Per gli amanti del genere può anche essere tra le migliori uscite dell'anno, per gli altri può anche essere un inutile esercizio di stile. Sabbathiani sin dal nome, i Wall Of Sleep propongono un platter dalla durata molto stringata per la media degli album doom, soli 38 minuti per 8 pezzi. Sembra un dato superficiale, ma è il nocciolo di tutta la questione: la durata di un normale album doom è compressa e condensata in pezzi brevi, ricchi di sostanza, e infatti il suono è asciutto e nitido, nel quale è possibile vedere sin dai primi minuti chi c’è e chi non c’è. Nel bene e nel male, questo è un album sincero, che lascia trapelare i suoi limiti e le imperfezioni, e insieme a questo anche parecchie emozioni o almeno il tentativo di personalizzare storie e sentimenti lontani nello spazio e nel tempo. Non c’è bluff, non ci sono artifici, non si vuole cavalcare l’onda dell’atmosferico e della dilatazione, allo stesso tempo la proposta è tutto fuor che datata, memore della lezione di mostri sacri come St.Vitus, ma ancora di più Wino nelle sue ultime incarnazioni (per la capacità di sintesi e di creare solismi avvolgenti ma concreti e concentrati sul risultato), Penance (per la morbidezza del sound, stonerizzato come quello dei cugini Cathedral, ma più leggero e nebuloso) e primi Clutch. Tutti i brani scorrono lisci come l’olio, come fossero stati partoriti da una jam molto fruttuosa, e infatti ne colgono lo spirito, quella verve e quel carattere che fanno di un disco suonato bene anche un album ascoltabile facilmente, vista la sua leggerezza e allo stesso tempo la sua capacità di coinvolgere in groove aggressivi e divertenti che ne fanno un dischetto utilizzabile in tutte le occasioni, e in tutte le stagioni. L’ essenziale e scarna introduzione di batteria in "Buried 1000 Times" mostra già come sarà tutto lo svolgersi del lavoro: si preferisce il ritmo e l’hard rock alla componente più heavy, ed anche se i temi sono il consueto incrocio tra vita, sofferenze, derivati biblici, sangue e tombe, a livello musicale c’è ben poco di oscuro, ed il lamento invece di prendere la forma della nenia demoniaca cara ad altri filoni del genere, si annerisce e si fa blueseggiante, strizza l’occhio alla melodia, assorbe radici americane, le elabora, le raffina, appiattendole un po e perdendo qualcosa in fatto di sfumature, ma il risultato è bellissimo, e se a tratti in "Nails Of Crucifixion" sembra si stia attingendo direttamente dai Deep Purple, in altri passaggi ("November" per esempio) la mediazione dei Masters Of Reality del giardino blu appare fondamentale, in quella melodia sensuale e sottilmente rock lasciata prima riscaldare sotto il sole cocente del deserto per poi lasciarle emanare calore nell’oscurità della notte.

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