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VICTORY: Circle Of Life

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24/08/2024
65


Genere: Hard Rock
Etichetta: AFM Records
Distro:
Anno: 2024

Se ‘Circle Of Life’ voleva essere una dichiarazione dei Victory per i posteri, è un buco nell’acqua! Tutto ruota attorno all’unico membro storico della band, Herman Frank. Da tempo il chitarrista (ex Accept), solista e non, si è creato un suo stile: standard, rettilineo, con riff che parlano di lui, della sua uniformità, aggressivi, ma di routine, esenti da nuove intenzioni o variazione di tema. Negli ultimi anni si è contornato di professionisti più giovani (lui sessantacinquenne) che continuano a sposare il suo progetto, heavy metal (con gli Iron Allies), hard rock (con i Victory ed Herman Frank band), in vista di appassionate esperienze live. Se lo segui, probabilmente continuerai ad apprezzarlo. Buona la scelta nella dote vocale di Gianni Pontillo (The Order, Pure Inc., Pure Yeast, Pontillo And The Vintage Crew), già nel precedente ‘Gods Of Tomorrow’ (2021). Ma devo uscire dai binari del giudizio, evocando una scena metaforica del 1987: “The Way You Make Me Feel”. Lei, vestito succinto, stivaletti morbidi, braccia fini e boccoli lunghissimi, nella notte cammina per una via; oltrepassa la figura di Michael Jackson. E lui, per attirare la sua attenzione, urla (Hey!). Ecco, nell’ascolto di questo album non ho sentito nessun fischio, urlo o richiamo di attenzione. E’ il dodicesimo disco in studio. Album lineare, dai fraseggi ripetitivi, sempre cadenzato, nessuna eccitazione, nessun sporco stratagemma stradaiolo, nessuna ambiguità (caratteristiche comuni dei loro album più belli, il trittico con Fernando Garcia 1989-1992 (‘Culture Killed The Native’, ‘Temple Of Gold’, ‘You Bough It-You Name it’), e dei primi album con Charlie Huhn, seppur acerbi, 1985-1987. Alcune tracce basterebbero a documentare la continuità con il predecessore (perché ripetersi in tutta la sua durata?). L’innesto di qualche variazione (o meglio di citazione mirata, dal 1985 ad oggi) avrebbe direzionato la gradibilità del progetto verso le aspettative di più ascoltatori. Una scelta rispettabile e discutibile quella di non riprodurre un sound ottantiano (anche se riproponibile, proprio per il tema di “cerchio della vita”). Ma ritorniamo sulle due rotaie, giustificando questo lessico con le mie impressioni. “Tonight We Rock” è creata con lo spirito di aprire un live. “American Girl” è un lento cadenzato, con irruenza vocale rock ed un solo di chitarra che prende il sopravvento su un coro sdoganato e noioso (oh, oh, oh). “Count On Me” esplica bene il loro stato (hard rock): sono in forma come se non fossero passati tre anni; ma loro ci hanno abituato a due scarpe di diversa fattezza, un piede nello sleaze metal, ed un piede nell’hard ‘n’ heavy (non può finire così). In “Surrender My Heart”, la tecnologia attuale della registrazione lavora per incorporare le due chitarre in un suono “tuttuno”; il sound Victory crea un fitto composto di suoni aggressivi, un muro del suono (lontano dagli anni ’80), figlio del nostro tempo. Segue “Unbelievable World”, dal cadenzato lento, dal ritornello, se vogliamo epico, ma uggioso. In “Moonlit Sky” le frequenze dei suoni strumentali, sono sempre sparate, come se dovessero riempire ogni spazio sonoro (caratteristica che non riesco ad apprezzare però). In questo album, c’è sempre un piccolo sentore AC/DC (ma privo di blues); non catturano l’alternanza tra tensione e rilascio che guidava la musica degli australiani. Ancora cadenzato lento per “Falling”, ma un solo che soddisferà un desiderio dei fan. Con l’impeto metallico di “Money” i Victory rimettono un piede nella scarpa heavy. “Reason To Love” è la ballad melodica. “Virtual Sin” (da sola) avrebbe dignitosamente rappresentato il loro punto a favore. Per me vince solo Gianni.

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