TYKETTO: Dig In Deep
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20/04/2012Scontato non aspettarsi un 'Don't Come Easy' e nemmeno un vago ricordo di 'Strenght In Numbers', sperare però in qualcosa di buono a seguito del ritorno di Brooke St. James non fa male. Attese mestamente deluse in quanto questo disco non è nulla di che, un surrogato di un disco solista di Vaughn con delle parti di chitarra più ricercate, non un pezzo che si elevi sopra gli altri, non un brano che possa entrare in competizione con quanto fu; d'accordo che sono passati venti anni, ma sembra che le buone idee siano finite allora. Vaughn offre una buona prestazione, anche se in studio è tutto più facile visto dal vivo in acustico è talvolta imbarazzante sulle note alte. Tornando al disco, si salvano un paio di pezzi: "Here's Hoping It's Hurts" e "Battle Lines", semi ballad ben costruite con graziose linee melodiche anche se l'ultima sembra un pezzo degli Eagles, non a caso Danny fa parte della principale cover band inglese. Vaghi accenni al passato su "Let This One Slide" e l'opener "Faithless", anche se appaiono come scarti di 'Strenght In Numbers'. Troviamo poi errori grossolani come la ballad conclusiva "Let This One Slide" dove, se fosse stata proposta in versione full band, sarebbe stata intetessante, mentre acustica è noiosa. Tutto qui, l'ennesima delusione, ennesimo ritorno di band che hanno detto tutto ciò che c'era da dire allora, e che andrebbero lasciate in pace, lasciate esibirsi dal vivo, ma non proporre musica nuova in quanto il confronto con il passato spesso imbarazza, di questo bisognerebbe rendersene conto. In conclusione, un discreto dischetto sulla falsariga dei solisti di Vaughn, quindi nulla di particolare. Ma dalle premesse di un disco che doveva essere tra i migliori dell'anno, si passa dritti dritti alla lista dei dischi più brutti di questo 2012.
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