THE SOFT MACHINE: LEGACY LIVE IN ZAANDAM
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14/06/2006Certo che ascoltare i Soft Machine senza il genio di Wyatt fa un certo effetto. Questo nonostante il live in questione sia di grande spessore grazie all'esecuzione magistrale del quartetto che vede come membri storici i soli Hopper e Dean. Alfieri della scena "Canterbury" proprio grazie al talento di Wyatt, i Soft Machine hanno mutato pelle all'atto del ritorno sulle scene nei Novanta cucendosi addosso una vena creativa che se in passato orbitava tra progressive e jazz-rock, oggi si può senza dubbio affermare fusion oriented anche lì dove scatta la rivisitazione dei vecchi classici della band. Sei brani, quindi, che in buona parte perdono la spigolosità e l'asprezza dei passaggi strumentali che fecero epoca agli inizi del '70, e che si fanno carico di un sound e di una esecuzione più fluidia e ricca di arrangiamenti in cui i fiati ed il Rhodes di Dean fanno la voce grossa. Non mancano certo improvvisazioni e fraseggi dal tasso tecnico tale da lasciarti a bocca aperta, ma quello che va per la maggiore è l'atmosfera da club, l'intimità esaltata da un'onda sonora che attraversa quasi quattro decadi della nostra storia per arrivare a noi intatta ma rinnovata, e sempre pronta a stupire.
Giù il cappello.
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