The Blind Catfish: The King Of The River
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13/01/2015Distribuito sui principali store digitali ed in copia fisica ai concerti, è uscito il 9 gennaio 'The King Of The River' dei The Blind Catfish, band rock blues emiliana all’esordio con un full lenght che sembra stato scritto sul delta del Mississipi. Effettivamente c’è un delta nella storia di questa giovane band ma si tratta dell’italico Po, regno del pescegatto dal quale il gruppo ha mutuato il nome e che in questo lavoro e precisamente sulla sua copertina, assume sembianze che ricordano da vicino il Caronte immaginato dal Michelangelo nel Giudizio Universale, ma rivisitato in una dimensione "ittica". Un bel modo di presentare graficamente un disco, sicuramente originale. Andando ad ascoltare le dieci tracce inedite (più l’undicesima che è una cover), ci troviamo davanti ad un lavoro che palesa subito la sua voglia di rendere omaggio ad artisti e ad una tradizione di grande valore, il blues americano. Sebbene in 'The King Of The River' non manchi alcun elemento tipico della matrice afroamericana di partenza, in cui si miscela bene la componente rurale (Delta blues, appunto) a forme più evolute come lo stile cosiddetto Chicago e molti elementi del Texas Blues, i The Blind Catfish riescono comunque a manifestare una spiccata personalità ed un’identità chiara che attraversa il disco dalla prima all’ultima canzone. La voce calda e graffiante senza esagerare, viene ben supportata da una produzione di buon livello, arrangiamenti solidi ed articolati. L’uso di strumenti tipici come il dobro ed il mandolino appare più marginale nella creazione del sound d’insieme rispetto invece all’armonica che fa da vero controcanto e contrappunto a tutte le linee melodiche principali. Il disco scorre con molta fluidità e coerenza offrendo spunti interessanti in vari brani. Momenti acustici si alternano alla maggior parte dei brani più articolati, con refrain accattivanti che strizzano l’occhio al rhythm’n’blues in una maniera molto seventies e con ottime backing vocals a supporto delle lead per realizzare un sound organico. Menzione anche per i buoni testi che sembrano essere in perfetto stile bluesy ("Today I’m feeling down because my darling’s gone" si sente nella seconda traccia), ma con un velo di ironia molto emiliana (come in Red Pants Panda dove ci si chiede "who loves a bear?"). Per concludere, un disco che non osa nulla o azzarda alcunché, ma nel quale scrittura, produzione ed esecuzione concorrono ad un prodotto assolutamente godibile e consigliato a tutti gli amanti del genere e della buona musica… del resto, a chi non piace il blues quando è fatto bene?
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