SURVEILLANCE: ANGELSTATION
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22/06/2006Presentati come band accostabile ai lavori solisti di Glenn Hughes grazie alla timbrica di Lee Small(già ascoltato di recente nel nuovo capitolo Phenomena), singer di questo quintetto inglese alle prese con un hard-rock melodico dalla chiara ispirazione classica, i Surveillance sanno come far girare la palla, ma solo in poche occasione riescono a concretizzare. L'espressività di Small è, scontato, il punto cardine del songwriting dei nostri. Effettivamente, il paragone con "The Voice Of Rock" non è azzardato sul piano della timbrica, anche se solo di quella si tratta, e nient'altro. In diverse occasioni "Angelstation" si fa apprezzare per alcune idee e scelte melodiche non abituali per il genere, e diversi sono i brani che meritano un ascolto attento, ma in generale manca quel qualcosa che farebbe decollare il disco, quelle tre-quattro canzoni che trascinano l'album ed alzano la qualità media dell'opera. Ecco, c'è una sorta di cappa che incombe sul pentagramma, ed appiattisce l'intera tracklist. Se ci si mette anche una produzione non all'altezza, stranamente volta più ad enfatizzare una potenza che non si avverte(se non per la presenza della doppia chitarra), invece di mettere in evidenza i tanti passaggi che meriterebbero pulizia per essere apprezzati in fondo, allora si ottiene un prodotto incompleto, interessante ma che non dice, o che non riesce a dire, tutto quello che ha da dire. Lavorandoci sopra si può migliore, assolutamente. Questo è il disco d'esordio, quindi le attenuanti ci sono tutte. E partendo da brani come la sanguigna "Burning"(bella l'apertura melodica finale), o da altri come "The Holy"(a dir poco una Aor-song dall'incedere delicato), i risultati non potranno non essere eccellenti. Nel mentre, teneteli d'occhio e dedicate loro almeno un ascolto.
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