STATIC-X: MACHINE
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29/11/2005Usciti alla ribalta alla fine degli anni ’90, in pieno ‘nu boom’, gli Static X di Wayne Static (uno che ha i capelli tipo super sayan di Dragon Ball, per capirci) si sono distinti fin da subito dalla marmaglia di gruppi figli dei Korn per la loro proposta che univa metal moderno, elettronica e un’aggressività difficile da pescare negli epigoni che affollavano il mercato dell’epoca. Tranquillamente comparabili a una sorta di Rammstein d’oltreoceano, dai quali ereditano la mania dei riff spezzati che fanno tanto male, i quattro americani pestano duro fin dall’opener “Get To The Gone” (preceduta da un’intro pseudo circense), mostrando subito dei suoni decisamente più levigati e compatti rispetto al debut “Wisconsin Death Trip”, senza penalizzare impatto e melodia, elementi che fioccano a profusione nel corso dell’ascolto di “Machine”. Il filotto di apertura, con partenza dalla già citata “Get To The Gone” e arrivo a “Structural Defect”, non dà tregua nelle sue sferzate ora tranquille (“Cold”, “Black And White”) ora feroci (“Otsego Undead”, “This Is Not”). Un platter che si flette di poco nelle battute conclusive ma del quale non ci si può certo lamentare, soprattutto visto il contesto nel quale è uscito. Quanti dischi ‘nu’ risalenti al 2001 possono fregiarsi di originalità? Ben pochi. Uno fra tutti, “Machine”, un “Wisconsin Death Trip” alla potenza.
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