RING OF FIRE: LAPSE OF REALITY
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24/09/2004Ad un anno di distanza dal loro ultimo "Dreamtower" tornano i Ring Of Fire con il nuovo "Lapse Of Reality". Con la sostituzione dell'eclettico Vitalij Kuprij alle tastiere con il più "personale" sound di Steve Weingart la band cerca di fare quel salto di qualità importante per un gruppo già al quarto album in studio. Le qualità tecniche non mancano, i Ring Of Fire sono composti da musicisti di tutto rispetto: l'ex singer di Malmsteen Mark Boals è forte di una voce calda e sentimentale, bravo a non esagerare (quasi!) mai rischiando di rendere il proprio cantato strozzato; dietro alle pelli troviamo il drummer dei Placet X Virgil Donati, dallo stile preciso, vario e mai troppo noioso; alle chitarre l'ex dei Planet X , Tony MacAlpine, capace nei solismi e autore di brillanti soluzioni; per concludere con il bassista del mostruoso Steve Vai, Philip Bynoe. Con un "curriculum" di questo genere ci si aspetterebbe fuoco e fiamme da questo combo, ma così non è. "Lapse Of Reality" risulta essere un album decisamente discontinuo, in un continuo altalenarsi di canzoni di livello talmente diverso capace di far emergere una certa sfiducia nei confronti del gruppo. La title-track si presenta subito come un'ottima traccia, quasi eletta come la migliore del lotto. Dico quasi perché la song viene orribilmente mutilata durante il ritornello dove un coretto alla "Bee-Gees", in puro '80 style, le fa perdere tutta la grinta e carica che si era venuta a creare. Palma che passa a "Change", canzone che rappresenta al meglio i Ring Of Fire. Una mid-tempo song dal refrain accattivante e dai riff vincenti. Altre pezzo forte è la ballad "You Were There", dominata dalla calda voce del singer Mark Boals. La "quasi epica" "Perfect World" alza il tiro delle song, decisamente più veloce che lascia spazio ai solismi di tastiera e chitarra. Le conclusive "One Little Mistery" e "Darkfall" regalano le ultime soddisfazioni, dal sound decisamente più personale e sofferto rispetto alle altre presenti nel full-lenght. Passiamo ora ai punti "deboli" di quest'album: "Saint Fire" già al secondo ascolto risulta piuttosto noiosa; la pesantissima "Machine", con guitar riff propriamente non consoni ad una band di questo genere, lascia piuttosto spiazzati; in "The Key" è il singer a deludere, strozzando la propria voce in un acuto trascurabile in una song che non regala particolari emozioni, "Don't Know (What You're Talking About)" e "Faithfully" non sono da meno, risultando piuttosto banali. Pecora nera del lotto è, senza dubbio alcuno, "That Kind Of Man". Con un refrain ai limiti del sopportabile risulta una canzone decisamente…inutile! Una discontinuità preoccupante, che non gratifica affatto il lavoro di musicisti di questo calibro. Un disco che piace ma che allo stesso tempo lascia l'amaro in bocca, per qualcosa che rivisto in maniera approfondita e con una maggiore calma avrebbe potuto regalare buone soddisfazioni. I Ring Of Fire ed il loro "Lapse Of Reality" sono quindi "rimandati a settembre", nella speranza di poterci trovare di fronte ad un lavoro completo che sappia onorare i nomi di questi musicisti. Dedicato ai fanatici dell'hard rock, non propriamente indicato per tutti gli altri.
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