LITTLE CAESAR: Eight
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26/03/2018Il Piccolo Cesare si è fatto grande dopo 30 anni di carriera, sfiorando ai tempi dell’esordio (da avere!) di diventare the next big thing, ma il sogno sfumò, vittima dell’incontrollato successo della Geffen Rec. di Slash e compagnia alcolica. Come cantava qualcuno “una vita da mediano - lavorando come Oriali - anni di fatica e botte”, i Little Caesar rientrano in pieno in questa categoria, ma per fortuna la passione per il rock brucia ancora e di tanto in tanto incidono nuovo energizzante materiale. ‘Eigth’ procede il percorso iniziato con ‘Redemption’ ed ‘American Dream’, il suono è grezzo e senza fronzoli, mentre le canzoni sono ispirate dagli ascolti dei vecchi vinili dei Rolling Stones, Mott The Hoople, Faces e Bad Company, realizzate intorno ad un unico riff secco frontale e profondo che ti mangia l’anima. A questo giro sono riusciti a riprodurre in studio l’attitudine da garage band, basta vederli dal vivo per farsi un’idea, oppure aprire le danze con "21 Again" per essere fagocitati dal muro dei Marshall dal chitarra di Loren Molinare e del suo nuovo socio Alex Kane. Il gruppo losangelino è tornato in gran forma e sarebbe anche ora di raccogliere quanto seminato, se sai scrivere canzoni come "Good Times", "Mama Tried" e "Crushed Velvet" è il frutto di talento genuino, di quello sempre più raro da trovare. "Another Fine Mess" è un sincero tributo al southern rock dei Lynyrd Skynyrd, e qui la capacità dei nostri, emersa fin dal debutto, di sapersi destreggiare nelle più svariate sfumature del rock e del blues; a tal proposito hanno recuperato "Slow Ride" da ‘Influence’ (1992), riletta in una chiave più sofferta, intensa e bluesy rispetto alla versione nota, interpretata con viscerale feeling da Ron Young.
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