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LIQUID TENSION EXPERIMENT: LIQUID TENSION EXPERIMENT

data

11/04/2010
84


Genere: Prog Rock/Metal
Etichetta: Magna Carta
Distro:
Anno: 1998

Dall'idea di due produttori discografici, precisamente Pete Morticelli della Magna Carta e Mike Varney della Shrapnel Records, veda la luce nel un progetto strumentale di un supergruppo nell'ambito prog che prenderà il nome di Liquid Tension Experiment. Il casting per i componenti è affidato dai due ideatori al batterista dei Dream Theater Mike Portnoy che, pensando al taglio da dare al disco e mediandolo con gli impegni dei possibili altri compagni di viaggio, coinvolge Jordan Rudess alle tastiere, Tony Levin al basso e per ultimo John Petrucci alla chitarra. Da questo connubio nel 1998 viene pubblicato proprio dalla Magna Carta il primo disco del gruppo che prende come titolo lo stesso nome dato al progetto. A livello tecnico il quartetto partiva da basi solidissime: Petrucci e Portnoy stavano vivendo l'apice dalla carriera della loro band Dream Theater, Levin uno dei bassisti più affermati e Rudess un astro nascente delle tastiere. Da queste premesse ci si poteva aspettare di tutto, e così è stato. Per la creazione dei brani i quattro componenti si sono lasciati guidare in toto dall'ispirazione del momento, spesso prendono spunto e basi da vere e proprie jam session. Da questo mescolarsi di idee in una sola settimana di studio sono state estratte 9 tracce che sono poi state pubblicate sull'album. Musicalmente il disco miscela le basi prog metal della coppia Petrucci-Portnoy con le influenze di Levin e Rudess attraversando così un'altra selva di generi che va dal più vicino prog rock, sino al jazz ed alla fusion. Ascoltando il disco non si può rimanere colpiti dalla varietà che c'è al suo interno: si parte dalla forte e sferzante "Paradigm Shift" per passare attraverso una breve e fuori dagli schemi classici "The Stretch", da una classicissima e maestosa "Freedom Of Speech" ed una pazza "Chris And Kevin's Excellent Adventure", dalla dolce e lenta "State Of Grace" per arrivare alla summa definitiva con gli oltre 26 minuti della suite finale "Three Minute Warning". Complessivamente siamo quindi di fronte ad uno di quei dischi che hanno segnato un punto importante del prog, dove la classe e l'inventiva di quattro musicisti è riuscita a confluire in brevissimo tempo in un disco ottimo e particolare che ha fatto (e farà) la gioia di tutti coloro che amano il prog metal tecnico, ma comunque non fine a se stesso. Un album quindi da riscoprire se ve lo siete perso quando uscì oltre dieci anni fa.

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