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L'ERA DEL BANTHA: EP.I

data

28/12/2015
63


Genere: Post Rock, Psychedelic Rock
Etichetta: Unsigned
Distro:
Anno: 2015

Direttamente dalla Brianza più urbanizzata arrivano questi tre ragazzi che si fanno chiamare L’Era del Bantha, che tra l’estate e l’autunno del 2015 hanno prodotto in totale autonomia, presso le Frequenze Studio di Monza, questo EP intitolato semplicemente ‘EP.I’. In circa mezz’ora di musica vengono racchiuse sonorità che si inseriscono in varie sfaccettature musicali. Si passa senza chiedere il benché minimo permesso a qualcuno dal prog poderoso, alla psichedelia più raffinata; dal noise fuori tempo allo sludge e lo stoner di quelli  tumultuosi. È una proposta che si lascia sì ascoltare, ma che poche volte crea sussulti realmente positivi all’ascoltatore, quei sussulti che la band vuole cercare di costruire attraverso la ricerca di particolari fraseggi che tentano di essere originali, ma che già dopo pochi ascolti perdono man mano la forza di essere particolarmente ficcanti e penetranti. Si alternano quindi momenti di qualità comunque rilevante, ad altri che invece creano nell’ascoltatore un senso di indifferenza, se non proprio di velata perplessità. Il brano “Yoda Eats Tofu” (velato riferimento a “Star Wars”, come anche “Darkside Of The Force”, e in sostanza tutto l’album come anche descritto tra i ringraziamenti sulla loro pagina Bandcamp) ne è un esempio, con le sue linee che, nella loro percorrenza, finiscono presto nella monotonia, se non addirittura nel dimenticatoio, nonostante nel finale si cerchi di alzare il livello di attenzione aggiungendo pepe al brano. Si rivelano quindi non particolarmente memorabili e carichi di suggestioni, e la sensazione è che l’album non rimanga granché impresso nella mente. Se si vuole ascoltare questo prodotto come leggero sottofondo, è probabile che alcune parti siano sufficientemente adatte a ricoprire tale ruolo. Diverso discorso invece si può costruire quando si vuole ascoltare l’album ad un volume più alto, e quindi ponendoci una maggiore attenzione all’ascolto, piuttosto che in esibizioni dal vivo. In quest’ultimo caso potrebbe affiorare il rischio di sentire una proposta che, se non pienamente valorizzata, potrebbe avere effetti controproducenti per un futuro seguito. Le parti con maggiore tiro e forza durano troppo poco tempo per potersi esprimere al meglio, non permettendo all’ascoltatore di creare quei viaggi mentali che invece un gruppo che affronta questi generi deve cercare di far costruire. Dovrebbero tentare di amalgamare in maniera maggiore atmosfera e groove, linee musicali morbide ed altre più aggressive e poderose, magari mantenendo anche un minutaggio simile al disco in questione. Così facendo potrebbero ricevere una considerazione più sostenuta, tenendo conto e cercando di rendersi conto che sono un collettivo dotato di poliedricità, e lasciando alle spalle i veli di indifferenza e di sufficienza.

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