ICON OF COIL: MACHINES ARE US
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04/10/2004Ogni volta che mi capita di recensire un disco un pò particolare, mi viene sempre da anteporre alla trattazione una premessa su quelle che sono le finalità del nostro portale, ossia proporre sempre una visione a 360° della musica che ci circonda. I nostri "suoni duri" sono molto spesso accostabili a sonorità rock e metal, ma capita che alcune diramazioni di questi ambiti portino inevitabilmente a scontrarsi con suoni nuovi (o vecchi, a seconda dei punti di vista). Con il ritorno prepotente della musica dark e gotica, si sono quindi moltiplicate quelle realtà in cui le proposte musicali vanno a ripescare i mostri sacri del genere, rielaborandoli e facendoli propri. E' superfluo dire che uno dei gruppi maggiormente rivalutato dalle nuove generazioni gotiche è quello dei Depeche Mode, ed è proprio il contatto con questa band seminale, che porta alla nascita di innumerevoli fenomeni affini. Uno dei generi molto in voga in questo principio di nuovo millennio è la cosiddetta Electro Body Music (EBM), una sorta di dark modernizzato e ballabile che tanto infuria nei dance floor di tutta Europa. Uno degli act più apprezzati del genere e più in particolare di quello che è noto come Future Pop, è quello di questi Icon Of Coil. Dopo l'interessante "The Soul Is In The Software" del 2002, Andy LaPlegua e soci si ripresentano alla grande con "Machines Are Us", un disco meraviglioso, vario ed emozionale. Il grande pregio di "Machines Are Us" è la sua orecchiabilità ed il suo farsi ascoltare interminate volte senza annoiare grazie ad una etereogeneità dei brani nell'omogeneità dell'intero album! Come sarà chiaro dall'introduzione, i brani proposti spaziano nell'ambito gothic-dance distante dalle proposte rockeggianti di molti illustri colleghi ed arrivano ad essere, in alcuni frangenti, molto vicini alla house music ed alla techno-trance. A farla da padrone in tutti i brani sono le migliaia di sfumature elettroniche, i campionamenti, quel gusto che solo ciò che è disumano e meccanico riesce a riprodurre in modo così sintetico ed irreale. Tra le canzoni di maggior impatto, se una estrapolazione fosse mai possibile, c'è da segnalare l'iniziale e travolgente "Remove/Replace", le rabbiose e cattivissime "Android" e "Pursuit" (farebbero rabbrividire anche i peggiori deathster!), la bellissima "Existece In Progress", molto dance-oriented che rapisce per il suo incedere triste e con un testo degno della miglior poesia! Infine, c'è la struggente electro-ballad "Sleep:less", un brano da pelle d'oca, con la voce calda di Andy che avvolge l'ascoltatore e gli abbraccia l'anima. Questa proposta proveniente dalla Norvegia è adatta a quanti amano le sonorità dark, l'industrial e che non si fanno accecare da stupidi paraocchi. SOno convinto che sentiremo parlare ben presto degli Icon Of Coil e poi non venitemi a dire che non ve l'avevo detto!
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