EARTH: EXTRA-CAPSULAR EXTRACTION
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25/01/2008Solitamente quando si parla di Earth, si finisce col discutere di cronaca nera, e dei rapporti tra Dylan Carlson, mente e artefice del grande progetto Earth, e soggetti ben più famosi, ma su questi fatti, almeno in questa sede, non ci voglio tornare, perchè vorrei che si badasse solo alla musica e al ruolo fondamentale che la band ha avuto nel lancio nella sperimentazione sul versante Doom. La sperimentazione consiste nella elaborazione di un astrattismo estremo in musica, arrtraverso la sublimazione e la dilatazione ottusa del riff Sabbatthiano. Il suono è semplicemente da brivido. Spaventa per la sua mancanza totale di senso e di uno sviluppo apprezzabile sotto l'aspetto diacronico. La staticità e l'immobilismo sono celebrati con uno stile che dire ripetitivo è anche poco. Lo sgomento è rappresentato anche dal totale ingrezzimento del suono che, invece di badare al concreto e alla canzone, valorizza il fruscio, il rumore di fondo, iniziando quel processo di capovolgimento e stravolgimento formale per il quale ricordiamo la band, sempre più influente con il passare degli anni. La ritmica è ridotta all'osso, più che altro a rumori ambientali, che un sostegno allo sviluppo del singolo pezzo, che effettivamente è inesistente. La voce non è voce, ma una rarissima intrusione di urla sgraziate, scomposte e gelide che non segue nessuna regola. Un album ancora immaturo, che contiene solo in potenza la portata rivoluzionaria del drone che verrà, per ora c'è solo una musica tanto satura e solida da finire con l'essere un deserto di feedback che si disperdono in rare vibrazioni che si sbiadiscono nel nulla e nel riverbero infinito. Inizia in questo modo la grande provocazione-rivoluzione che porterà ad una critica, tutta contettuale e filosofica (più che musicale) della canzone Doom (e in generale della canzone "pesante"), innanzitutto stabilendo la fine della canzone vera e propria, e poi stabilendo la fine di un altro elemento fondamentale: il tempo. L'effetto dell'ascoltatore è tutto puntato sullo stordimento, in una dimensione ovattata, un vicolo cieco per le orecchie e per la mente.
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