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DAWN OF SILENCE: MOMENT OF WEAKNESS

data

05/01/2007
72


Genere: Melodic Heavy
Etichetta: Metal Heaven
Anno: 2006

I Dawn Of Silence sono un quartetto svedese giunto al debutto dopo una gavetta di circa sei anni e quattro demo. “Moment Of Weakness” nasce come autoproduzione, distribuito dalla Metal Heaven: questa label continua a riservarmi gradite sorprese, visto che non ho ancora ricevuto delusioni dai dischi dei loro artisti. I Dawn Of Silence confermano nuovamente il buon orecchio dei responsabili della Metal Heaven, con un disco che, pur presentando evidenti riferimenti stilistici al loro passato di cover band degli Iron Maiden, non presenta evidenti copiature, ma anzi fa sfoggio di una notevole capacità tecnica e compositiva. Melodic Metal, dicono; io direi che siamo più sulla New Wave, pur con un evidente gusto nordeuropeo per la melodia. Comunque la si voglia vedere, il risultato è un disco fresco e potente, con vocal lines orecchiabili e ritmiche trascinanti, il tutto condito da chitarre rocciose ma non eccessivamente pesanti: in pratica un album che si fa ascoltare volentieri, che sfrutta stilemi ormai noti e rodati per applicarli ad uno stile personale e sufficientemente originale. Un buon incontro tra la scuola inglese e quella scandinava, che partorisce sonorità convincenti ed evocative. Ottima la prima parte del disco, che mostra da subito, con l’opener “Hands Of Fate”, la doppia faccia di aggressività e metodicità del gruppo, per poi distinguerle meglio, come con la tagliente “Long Time Dead” o la melodicissima (ma non per questo soft) title-track, “Moment Of Weakness”. Qua e là si strizza l’occhio a band come i Juds Priest del periodo “Painkiller” od agli Iron Savior di “Battering Ram”, creando così una miscela esplosiva di sonorità dolci e ritmiche serrate, un incontro di chitarre tra i Maiden della metà degli anni ’80 ed i Savatage della metà dei ’90, e su tutto un cantato pulito che non manca di emozionare. Ottimo lavoro, se non avesse il limite di risultare un po’ lungo: dopo “Fire & Ice”, infatti, la seconda metà del disco perde parte della sua attrattiva. Non arriva ad annoiare, ma ciò non toglie che si colga un calo di tensione emotiva nell’ascoltatore, il che rappresenta il punto debole dell’album, dal momento che, sulla lunga distanza, un disco che emozioni appieno solo nella prima metà tende ad essere accantonato. Forse il problema risiede nel fatto che "Mishuided Life" è un po' troppo spudoratamente alla Edguy, o forse semplicemente è un disco bello ma non stupendo; fatto sta che il difetto c'è, pur non essendo, come si diceva, un difetto troppo pesante.

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